Bella giornata di sport e amicizia
AA
Ho già avuto il piacere, qualche tempo fa, di scriverle dei «meravigliosi volontari della Granfondo» il cui operato avevo conosciuto in forma indiretta, tramite racconto dei protagonisti stessi, la maggior parte dei quali del gruppo sportivo «Pedale bagnolese»: racconto di quanto era stato fatto nel corso dei mesi, e di quanto si andava facendo per la «Valli Bresciane» in vista della sua realizzazione, l’11 maggio. Mi ero immedesimata in quella narrazione e avevo fatte mie le immagini di un bellissimo lavoro di squadra, solidale e leale, con una grande determinazione nel portare a termine un’impresa veramente eccezionale per un gruppo sportivo locale (alleato, nell’organizzare la manifestazione, agli amici del Veloteam di Leno). Ecco, i «meravigliosi volontari», come erano stati chiamati nella titolazione della lettera (aggettivo che, garantisco, gli interessati non si sarebbero mai attribuiti) sono arrivati al «dunque» e alla Granfondo ho partecipato anch’io in veste privilegiata di spettatrice da una postazione di estremo interesse: quella del pulmino-scopa, l’ultimo della cordata, che avrebbe dovuto dare risposta, strada facendo, alle situazioni di criticità degli atleti: una ruota che non può essere riparata e che mette a terra il ciclista, o un ciclista che decide di smettere la corsa perché si accorge di non farcela. Insomma, ultimo ingranaggio della poderosa macchina organizzativa, il pulmino-scopa mi ha permesso una bella esperienza che mi ha sollecitato alcune considerazioni. La prima, essendo stato di poco impegno il lavoro svolto dal pulmino-scopa, mi è sembrata cosa straordinaria il fatto che per i 1.900 iscritti alla Granfondo delle Valli Bresciane, 1.500 dei quali effettivamente partiti, tutto sia filato liscio. Già lo si era detto: due percorsi, quello lungo di circa 150 chilometri e un dislivello complessivo di oltre 3.100 metri; quello breve di 110 chilometri, per 1.200 metri di dislivello. Uno scollinare o un arrancare, infinito, mi è parso, tra Valle Camonica, Val Trompia e Valle Sabbia, garantito ufficialmente da pesantissimi faldoni di permessi, reso possibile concretamente, e al meglio, da oltre 200 volontari e da personale accreditato: a presidiare più di 170 incroci o passaggi di strada, a gestire i ristori, a intervenire professionalmente, dal punto di vista sanitario, ce ne fosse stato bisogno. E, addirittura, dopo il pulmino-scopa che era ultima rotella dell’ingranaggio necessario a far muovere la Granfondo del Pedale bagnolese, anche il furgoncino con chi toglieva l’ingombro - e grazie di tutto -, staccando da pali, recinzioni, appigli murali la segnaletica posizionata per la manifestazione in due giorni di lavoro. Seconda considerazione: una Granfondo portata a compimento con tanta efficacia e senza suonare la grancassa mi è parsa davvero metafora dell’Italia bella che voglio (o che vorrei): non urlata, non litigiosa, non cavillosa, non benaltrista. Ma concreta, intelligentemente capace di fare, umile. Infine, quella bellezza delle nostre valli così discreta nel proporsi, ma così capace di emozionare una volta la si è vista davvero, che probabilmente ha suggerito qualcosa anche agli atleti che non sono volati, ma hanno transitato, mi è parsa regalo delicato in una domenica un po’ fuori dall’ordinario. Per la cronaca, è arrivato primo al traguardo dopo i 150 chilometri un tedesco, Hornetz Bernd dopo 4 ore, 43' 21’’ e 43 dalla partenza, distanziando incredibilmente di 2 e 3 sessantesimi di secondo, Luigi Tarchini e Paolo Castelnovo: per tutti, velocità media di oltre 33 chilometri. Per il percorso di 110 chilometri avevano concluso la gara ancora prima del mezzogiorno Matteo Podestà, Stefano Carini e Andrea Volpi. I primi due pressoché alla pari con 2 ore, 45’ 44’’; l’altro con un minuto di distacco. Il pulmino-scopa rientrava molto soddisfatto nel tardo, tardo pomeriggio. Lina Agnelli Bagnolo Mella
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