Beatrice, Chiara, Egle e Davide. La bella gioventù

L’estate non è ancora finita, ma per molti ragazzi la vacanza è solo un lontano souvenir. Attraverso un rapido sondaggio è emerso che i giovani hanno scelto, sia pure per pochi giorni, le più svariate mete. Al cellulare ti mostrano orgogliosi le infinite foto mozzafiato. Bene, giusto, tutti meritano di riposarsi e ricaricare le «batterie» dopo un anno di studio o di lavoro. Qualcuno, però, ha deciso di investire tempo, fatica e denaro per una vacanza alternativa: numerosi, infatti, si sono recati a Roma per vivere insieme ad altri coetanei il Giubileo dei giovani. Carica di forti emozioni è stata anche la scelta della neolaureata Beatrice che, in compagnia degli amici Chiara, Egle e Davide, ha trascorso quasi un mese in Burundi presso l’Istituto «Ècole Saint Tadini» gestito dalle suore operaie. La «vacanza» era legata alla proposta della Diocesi di Brescia: «Giovani in missione». Il viaggio per giungere a Mugutu, vicino alla capitale Gitega, è durato circa un giorno, ma ripagato dalla soddisfazione per l’accoglienza ricevuta. In una nazione tra le più povere del mondo, con il livello di malnutrizione al 62%, si scopre che la ricchezza umana e relazionale è da 110 e lode. Il bene più prezioso, l’acqua, raccolta in grandi cisterne durante la stagione delle piogge, viene erogata con estrema parsimonia. Il carburante, costosissimo, è quasi introvabile e i generi alimentari sono al limite della sussistenza. Tra le strade, nei campi, però, si incontrano frotte di bambini sempre allegri, espansivi con una esplosiva voglia di vivere. Si divertono, giocano insieme e quel poco che hanno: gommoni fuori uso, bottigliette, frutti dell’orto li condividono con gli altri. Entrambi i genitori lavorano dal sorgere del sole fino al tramonto, guadagnando pochi franchi burundesi, tuttavia, appaiono sereni, empatici, con sguardi carichi di quella speranza che proviene da una convinta fede religiosa. Sanno apprezzare ciò che la vita offre, mentre noi ci lamentiamo per ciò che ci manca. I nostri quattro volontari sono tornati arricchiti interiormente e intenzionati a concretizzare le parole-chiave: accoglienza, condivisione, gioia. Prima di recarsi in Burundi avevano raccolto fondi per finanziare la costruzione di tre nuove aule dell’Ècole Saint Tadini. Durante la permanenza, oltre alla preghiera e alle varie attività quotidiane, hanno aggiornato i computer scolastici. Si sono anche cimentati, ma resistendo solo una manciata di ore, nel faticoso lavoro manuale, affidato per lo più alle donne che tutto il giorno trasportavano sulla testa sassi e mattoni per costruire proprio i muri della scuola. Certamente le ore più liete erano quelle trascorse con i bambini, cantando, danzando e giocando insieme. Il grido «Urakoze cane» (molte grazie in Kirundi, lingua locale del Burundi) risuonava intorno senza fine ed era per tutti gioia allo stato puro. Qualcuno dirà che i nostri quattro volontari sono mosche bianche, figure angelicate con l’aureola in testa. No, sono persone normali che stanno finendo gli studi o iniziando un primo lavoro. Confesso di essere ottimista e inguaribile partigiana dei giovani, ma sono sicura che tutti noi conosciamo soggetti portatori di valori sani, come Beatrice, Chiara, Egle e Davide. La cronaca riporta spesso «imprese» negative di ragazzi sottolineando le fragilità che li rendono ora apatici, ora aggressivi. Prestiamo loro più attenzione e scopriremo che sotto la dura scorza dell’individualismo si nasconde un animo debole, tenero, bisognoso non di prediche, ma di ascolto, di allettanti proposte educative e, perché no, anche di qualche esempio come quello descritto sopra e... forse aiuteremo i nostri ragazzi ad essere protagonisti entusiasti della loro vita.
Teresina CremaschiniOfflaga
Cara Teresina, noi sovente facciamo teoria, difendendo i giovani a spada tratta, a dispetto di una narrazione che li etichetta in maniera grossolana e negativa. Lei però fa di più, dimostrando nei fatti che la «bella gioventù» abita nelle case dirimpetto alla nostra. Grazie allora, di cuore, a lei e a Beatrice, Chiara, Egle e Davide, ambasciatori nel mondo della migliore tradizione bresciana. (g. bar.)
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