Baudo e «maestro». Quando le parole sono... provocanti

Lettere al direttore
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Ci ha lasciato Pippo Baudo. In questi giorni lo vediamo ricordato da tanti come un maestro. Non solo della televisione, ma di un modo di fare spettacolo che ha segnato più generazioni. È interessante che proprio questa parola, maestro, torni così spesso nei ricordi. Perché significa riconoscere che esiste una tradizione, e che nessuno costruisce da solo il proprio mestiere: come diceva già nel XII secolo Bernardo di Chartres, siamo «nani sulle spalle dei giganti». Nel ricordo che ne ha fatto la sera stessa della notizia data in diretta su Rai 1, nell'edizione straordinaria del Tg1, Mara Venier ha parlato di lui come di un uomo libero e coraggioso. Ora, non spetta a me giudicare se questa definizione colga fino in fondo la sua storia personale e professionale, con tutte le complessità e le sfide di una lunga carriera. Ma credo che quelle due parole, libertà e coraggio, possano parlare anche a noi, oggi. Mi piace portare questo parallelismo nel mondo della scuola. Perché anche gli insegnanti, un domani, dovrebbero essere ricordati così dai loro studenti: come donne e uomini liberi e coraggiosi. La libertà senza il coraggio rischia di restare incompiuta, e il coraggio senza la libertà perde senso. Forse il modo migliore per onorare la memoria di un grande protagonista della nostra cultura popolare è proprio questo: lasciarci provocare dalle parole che oggi risuonano intorno a lui e chiederci come possano valere per il nostro tempo e per il nostro lavoro educativo.

Bartolomeo Manno
Maestro di scuola primaria - Ospitaletto

Caro Bartolomeo, nella ridda di voci e pareri a commento della morte di Baudo - in buona parte autoreferenziali - le sue parole sono acqua di fonte. Limpida. Senza una goccia di retorica. Così, a fronte dei molti che hanno preso a pretesto il conduttore per parlare di sé, lei invece attraverso lui è riuscito a parlare di noi, tutti noi, qualificandosi per ciò che davvero è: un maestro, vero. Complimenti. (g. bar.)

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