Astensionismo in aumento Quali sono i motivi

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Mi permetto di portare alcune riflessioni rispetto all’astensionismo dal voto, in costante aumento. Nella normale dialettica di analisi se produco un’auto che non si vende, come ad esempio alcuni anni fa la Duna, non penso che gli italiani siano incapaci, penso di avere sbagliato auto. Ecco credo che oggi ci sia un problema di offerta, quella dei partiti e della politica, ma soprattutto di contenuti, ovvero di proposte che possono interessare il cittadino, magari migliorargli la vita o cambiarla in meglio. Cerco di essere concreto, se mi si offrono buoni servizi andrò a votare, ma se non solo non ho ottimi servizi, ma pochi e pessimi darò fiducia a chi li governa? Domande semplici che forse però centrano il problema. Chi amministra deve ascoltare il bene particolare di pochi che fanno pressione, o il bene dei tanti che non la fanno? In campagna elettorale tutti parlano di coinvolgimento dei cittadini poi ci si dimentica degli stessi il minuto dopo che si è eletti e anche questo temo faccia aumentare l’astensionismo. Vi porto un esempio su tutti, che mi rendo conto non essere né il principale né il più importante ma che certo è spesso motivo di discussione. La Provincia, i Comuni incassano soldi dagli automobilisti, sia sotto forma di tasse, sia sotto forma di contravvenzioni di ogni tipo (per scadenza dei termini di pagamento dei parcheggi, per multe di vario genere, mettendo costantemente limiti e autovelox) che la legge obbliga ad essere reinvestiti in sicurezza, in realtà abbiamo le strade che sono inguardabili, pericolosissime e piene di buche, con dissuasori di velocità e dossi che distruggono le stesse auto di chi continua a pagare, secondo voi poi i cittadini vedendo questo vanno a votare? Mi piacerebbe discutere di contenuti e non di appelli al voto, anche se ieri sono andato a votare.
Massimo Cavagnini
Ospitaletto

Caro Massimo,

non possedendo la sfera di cristallo e non essendo fini sociologi facciamo fatica a indicare con esattezza i motivi dell’astensionismo.

Di certo contano alcune cause che anche lei indica, a cominciare dalla distanza tra promesse e risultati, tra ricerca del consenso ed effettiva realizzazione dei propositi espressi in campagna elettorale.

Oppure ad avere il sopravvento è una sorta di fatalismo, cioè la sensazione che tanto nulla cambi, che il voto personale non sposti una virgola, che alla fine siano tutti uguali.

O forse ancora è terminato il tempo delle grandi speranze, delle idealità forti, la cui dissolvenza ha lasciato sgombro il campo alla disillusione.

E nemmeno possiamo sapere - mamma mia, quante cose non sappiamo - se questa sia una deriva ineluttabile, il principio di un’inesorabile discesa, oppure soltanto una fase della storia.

Di certo la politica può fare molto per «migliorare l’offerta», ma la partecipazione attiva è a nostro avviso più una questione culturale, il riferimento a valori quali il senso di comunità, di appartenenza, di condivisione. E per avere le risposte che chiede l’unico modo è che ciascuno di noi si faccia un esame di coscienza. Civica. (g. bar.)

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