Appello alle Poste «Lasciate libero il signor Enicar»

Sperando che, con l’aiuto dei lettori, io possa ritrovare un caro scomparso da tempo. Il signor Enicar stava arrivando dalla Svizzera verso l’Italia con l’agenzia Swiss Post, quando, improvvisamente, è scomparso. Partito dalla Svizzera il lontano 28 aprile, si hanno notizie fino al suo arrivo alla frontiera italiana, il giorno 30 aprile, da quel momento, preso in consegna dalla famosa agenzia PI sembra caduto in un buco nero. Ci sono pochi e vaghi indizi che sembra lo diano in ostaggio in un paesino chiamato Roserio. Dal 30 aprile ad oggi, che sono oltre due mesi, nessuno si è fatto vivo, nessuno parla, nessun riscatto richiesto, del signor Enicar, nativo svizzero, nonostante infinite telefonate ed e-mail inviate a tutti i possibili e probabili colpevoli, non si sa più nulla. Probabilmente lo vorranno tenere ostaggio ancora qualche mese, ma a me piacerebbe portarlo in famiglia al più presto, e spero che qualche brava persona faccia da intermediario per permettere un lieto fine a questa triste storia (anche restando anonima). Pare che quella zona di frontiera sia tristemente nota, spesso soggetta a sparizioni, alcune volte temporanee e altre definitive. Voglio fare un appello ai signori che lo tengono, il signor Enicar, ormai di una certa età, non soffre di nessuna malattia da vecchiaia, ma abbisogna comunque di cure e affetto che sicuramente voi non potete dargli, quindi per favore, vi prego, mandatelo a casa al più presto. P.S. Capisco che nella vita ci sono cose più importanti e problemi più gravi ma d’altra parte ognuno cerca di risolvere i suoi, magari portando alla luce disorganizzazioni e malfunzionamenti che colpiscono non solo chi scrive ma l’intera popolazione e che a qualcuno possono causare anche danni gravi in ambito lavorativo o familiare, in questo caso l’inefficienza vergognosa dei centri smistamento di Poste Italiane, che per sdoganare un pacchettino con dentro un orologio lo tengono fermo in dogana per dei mesi.
Angelo ColomboRoè Volciano
Caro Angelo, dobbiamo confessarglielo. Abbiamo dovuto leggere due volte il finale per comprendere che «il signor Enicar» fosse un orologio. Realizzato quello, ci siamo gustati doppiamente la finezza delle sue rimostranze, che non sono affatto banali e che, come accade alle fiabe, sanno mettere limpidamente in luce limiti e magagne, senza ricorrere alle armi spuntate della retorica e dello sdegno. Confidiamo dunque che il suo appello venga ascoltato e che «il signor Enicar» torni a casa presto. Che lui il tempo ce l’ha nel destino, è a noi invece che sfugge, veloce quanto il vento. (g. bar.)
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