Anacronistico utilizzo dei generi maschile e femminile
Con rammarico apprendo dalla lettera, scritta congiuntamente dalla Sezione Anpi «Caduti di Piazza Rovetta» e dal Prc Centro storico Dall’Angelo Ghitti e pubblicata il 27 dicembre, che dalla loro sede sono state sottratte le targhe riportanti le rispettive realtà. Stigmatizzando naturalmente il gesto incivile, non riesco a capire l’anacronistico utilizzo di entrambi i generi maschili e femminili per definire i relativi associati. Nella lettera infatti viene scritto che il furto «che ci ha visto protagonisti/e», il senso di responsabilità che ci «rendono uniti/e», «certe/i che...». Ammesso e non concesso questo utilizzo della lingua italiana, perché lo stesso metodo di definizione non è stato usato per indicare gli autori, addossando la colpa solo a ladri di sesso maschile? Gli autori vengono definiti «sconosciuti ladri» invece di sconosciuti/e ladri/e, «notturni sottrattori» invece di «notturni/e sottrattori/trici» ed altre simili. Dopo aver letto la lettera mi è venuta in mente una vecchia barzelletta. Un contadino si reca da un avvocato di città per presentare le proprie istanze. L’avvocato esaminando i vari punti della pratica dice: «Qui li freghiamo (eufemismo), qui anche li freghiamo, eh, no, qui ti fregano, no, qui li freghiamo noi, qui ti fregano». Il contadino a questo punto lo interrompe: «Avvocato, mi scusi, ma come mai quando li freghiamo siamo in due, ed invece il solo che resta fregato sono io?».
// Giorgio PellegrinoRiproduzione riservata © Giornale di Brescia
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