Amici e parenti diventati volontari. Un aiuto prezioso

Lettere al direttore
Lettere al direttore
AA

Non ho mai scritto a questa redazione e leggo sempre con molta curiosità le osservazioni e/o argomentazioni di chi scrive. Questa volta ho pensato che condividere un’esperienza che ho vissuto in questo periodo meritasse di essere resa pubblica, anche solo per manifestare ai protagonisti, pur non citandoli per nome, la mia eterna riconoscenza. Mi prendo cura (più moderno: sono la caregiver) di mio fratello malato di Parkinson. Dopo anni di problemi con un artrosi pesante ad un ginocchio ho dovuto arrendermi ad un intervento di protesi. Questo avrebbe significato dovermi assentare da casa per un periodo abbastanza lungo che comprendeva anche la riabilitazione; e qui è sorto il problema come gestire le problematiche legate allo stato di mio fratello abituato alla mia presenza costante, non ultimo lo stato emotivo. D’accordo con lui ho predisposto che fosse ricoverato in una struttura riabilitativa per il periodo della mia assenza. A questo punto l’illuminazione: ho chiamato a raccolta l’unica cugina che abbiamo, gli amici di mio fratello, i miei amici, conoscenti, ex-colleghi, in quella che ho definito «richiesta di volontariato» e ho chiesto loro se si rendevano disponibili uno ogni giorno ad andare a trovare mio fratello cosicché a rotazione avrebbero coperto tutto il periodo della mia assenza. Ho creato una chat e nel giro di poche ore tutto il periodo era coperto dalle «prenotazioni» dei singoli partecipanti. Che dire? Non mi capacitavo di questa adesione unanime e tempestiva, ma tant’è. A questi si sono aggiunti anche conoscenti extra-chat che, grazie al passaparola, sono venute a conoscenza della situazione. Ho trovato persone splendide che hanno sostenuto moralmente mio fratello e contemporaneamente mi hanno permesso di affrontare questo periodo con serenità. A queste persone vorrei rendere merito per la grande generosità dimostrata e ringraziarli per avermi confermato che c’è umanità intorno a noi.

Lettera Firmata

Carissima, se per l’ultimo dell’anno avessimo commissionato una lettera portatrice di speranza non l’avremmo ottenuta così bella. Bella, nella sua semplicità, nella sua ordinarietà, oseremmo dire. Perché di storie così, siamo certi, ce ne sarà più d’una, così come numerosi sono i gesti silenziosi e gratuiti di generosa disponibilità, di aiuto vicendevole. Il fatto è che non soltanto nei resoconti della cronaca, ma pure nella narrazione quotidiana siamo abituati a privilegiare la stortura, quello che gratta, stride, stona, il buco nella pezza insomma, a scapito proprio del tessuto che invece tiene insieme il tutto e trasforma tanti individui in ciò che siamo: una comunità. (g.bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Suggeriti per te

Caricamento...
Caricamento...
Caricamento...