Altri tempi quando si correva per rabbia e amore
Qualche giorno fa l'amico Osvaldo Pippa mi parla di Giacomo Lucon, mi piazza sulla scrivania un volumetto che raccoglie cronache giornalistico-ciclistiche di Luciani Mainardi e Carlo Ughi, mi porta un suo pezzo scritto per il numero unico con cui preannuncia che Giacomo Lucon, seppure in salute precaria, verrà a Lonato per essere ricordato e festeggiato in occasione della annuale Fiera, nella sezione della «Mostra del ciclo e motociclo» rivolta al passato.
Osvaldo Pippa non mi trova spiazzato perché io non ho scordato «Giacomino» Lucon, il campione-contadino il quale fu il ciclista locale che suscitò entusiasmi tra i lonatesi in quell'austero dopoguerra in cui c'era ben poco da stare allegri.
In quegli ora mitici tempi, 1949 - 1951, passavo dai quattro ai sei anni di età ma ricordo benissimo che mio padre ed un gruppo di tifosi, tutti presi dal triangolo pane-lavoro-ciclismo, si coalizzarono per fornire al campioncino una bicicletta tutta nuova con cui gareggiare ad armi pari con i concorrenti-rivali. Allora non era il tempo dei magnati russi (ora abbiamo qui a Lonato la sede operativa della russa Katyusha) o degli sponsor munifici ed aggressivi, e quella bicicletta venne come dal nulla, con il sacrificio e le poche lire tolte di tanto in tanto a molti magri bilanci famigliari per una generosa autotassazione, magari seminascosta in casa, fatta per pagare «le cambialine».
Rammento che con mio padre Giovanni, divenuto poi anche memoria puntuale di passati avvenimenti della cronaca lonatese, ed i suoi amici Enrico Gallina, barbiere coordinatore, Sergio Salvini detto «Torsel», Gino Scalvini, con il tempo il seguito (allora non si sapeva cosa fossero i supporters) di Giacomo Lucon, protagonista plurivittorioso, si allargò sempre di più ad ogni corsa vicina o lontana. Non furono certamente solo quelli i nomi, i pochi che ricordo, a contribuire con coraggio, sacrificio ed un minimo di incoscienza, dati i tempi magri e difficili.
Mi basta guardare una fotografia che conservo gelosamente per vedere un pullman stracarico di entusiasti, in sosta sulla strada per Parma, gara di selezione, sul quale, attorno a Lucon ed al suo compagno Filippi già vestiti con la maglia, che ricordo essere rossa e blu, della società (De Angeli Frua) che li aveva ingaggiati dopo i numerosi successi giovanili, stanno tra i più noti, Pietro Parolini ed Enoch Schena, mitici impiegati comunali, Ferrante Viola (che pochi anni dopo partecipò a due edizioni della Mille Miglia), Cesare Lo', ragazzetto detto il «mamà», Benisio Paghera e molti altri che ormai non sono più tra noi e che sarebbe troppo lungo elencare.
Avevo cinque-sei anni e mi rivedo quando con papà Giovanni ed i suoi amici, accovacciati in cinque su una scomoda, tossicchiante ed insicura Topolino A di colore Blu, appartenuta ad un medico e dotata, per questo, di contrassegno di riconoscimento, si andava un po' ovunque per seguire le gare di Lucon e, approfittando di quel contrassegno, si riusciva a passare dove altri venivano fermati, raggiungendo così i punti nevralgici e migliori per vedere la gara e l'arrivo.
Non emerge molto altro dai miei ricordi e papà ormai non mi può più rimproverare per i miei vuoti di memoria, lui che negli anni '90 ritrovò grande entusiasmo perché dopo quasi cinquant'anni il ciclismo lonatese ebbe a ritrovarsi ancora nelle imprese di Enrico Bonetti, prepotente dominatore di molte gare dilettantistiche nazionali e internazionali di alto livello, vice campione italiano dilettanti, due anni da professionista e che, con Bruno Leali, la Carrera sembra abbia dimenticato in occasione di un recente festeggiamento - ricordo del glorioso abbinamento del marchio con il grande ciclismo. Forse Enrico, come Giacomino Lucon che solo ora stiamo ricordando, ha bisogno di invecchiare un po' di più per entrare a buon diritto nel ristretto cerchio delle vecchie glorie sportive lonatesi e nel giro dei ricordi che sempre più spesso ci vengono strappati da un angolo della mente o ne riemergono inaspettati e graditi.
Ho fondati motivi di dubitare, causa il lungo lasso di tempo trascorso, che il cuore di molti lonatesi venga assalito dalla nostalgia, come scrive Osvaldo Pippa, perché molti di quei tifosi ci hanno lasciato, ma certamente coloro che leggeranno gli scritti, visiteranno la mostra e rivedranno Giacomino Lucon e ritornando a quei tempi avranno certamente qualche ricordo da rispolverare, giorni difficili e soddisfazioni, sacrifici ed entusiasmo che ora la patina del tempo restituisce in un bianco e nero che non si può dimenticare.
Eugenio Scalvini
Lonato
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