Ad Auschwitz la porta della morte aperta sull’orrore
AA
È il Giorno della Memoria. Non si può dimenticare questo giorno. Sono andata in Polonia, è stato un pellegrinaggio, Auschwitz, Birkenau, Cracovia, c’era la guida, Angela che racconta: nel 1942 Auschwitz divenne il luogo del più feroce genocidio di massa che si conosca nella storia dell’umanità. Per entrare nelle casermette dette Bloki ora adibite a Museo c’è la scritta «Il lavoro rende liberi» chiamato dai prigionieri «Portone della morte». Ora i Bloki sono diventati tanti piccoli Musei dove sono esposti gli oggetti personali appartenuti agli ebrei e tolti al momento dell’ingresso al campo: stanze colme di occhiali, di scarpe, dal mucchio vedo spuntare una scarpetta rosa, il mio cuore si stringe in un immenso dolore, teche colme di capelli, tessuti fatti con i capelli, apparecchi ortopedici piccoli di bambini, ascolto e guardo le scatole vuote del gas Zyklon B, le valigie con nomi scritti, Ines, Isac. Rebecca... Migliaia di fotografie, la Torha, la Bibbia... Vediamo la camera a gas delle donne, prima le facevano spogliare, mi sembra di vederle piegare con cura i loro abiti che avrebbero dovuto indossare all’uscita della doccia, le donne pudiche nelle loro nudità coprirsi, sciogliersi i capelli, un sorriso, l’ultimo prima della morte... Ma come facevano a raccogliere tutti quei corpi ammassati? Ho sentito una testimonianza di un superstite di Iseo, allora aveva 16 anni e come ogni giorno lavorava nei campi. Quel giorno la Gestapo lo vide, fu portato ad Auschwitz. Per la sua giovane età gli fecero fare il giardiniere, da una parte c’era il giardino con molti fiori, tutto doveva apparire bello e dall’altra parte la porta che immetteva al massacro. Ma poi gli fecero fare il raccoglitore di morti, quei corpi nudi li prendeva per la testa con grandi tenaglie e li trasportava sui carrelli che andavano direttamente ai forni crematori, prima c’era chi si occupava a togliere quello che c’era di prezioso in bocca e soprattutto i capelli con quelli, dopo essere stati disinfettati facevano i tessuti. Ho visto lampade costruite con la pelle degli ebrei. Vicino alle camere a gas c’erano i forni crematori. Secondo i calcoli delle autorità naziste vi si potevano bruciare 340 corpi in 24 ore. Nel 1943 fermarono il crematorio di Auschwitz, costruirono a Bikernau forni crematori più capaci che potevano bruciare 4.576 corpi al giorno. E la cenere dove la portavano? Costruirono una lago artificiale. Cose terribili ho visto, cose inimmaginabili... Birkenau. Questo campo fu costruito con baracche di legno per alloggiare i cavalli, ma i treni colmi di ebrei che arrivavano sempre e sempre di più, lo destinarono a loro. In ogni branda giacevano 5 persone, nel campo c’erano sempre 100.000 deportati e bruciavano 4.567 corpi al giorno. Ascolto la guida: nelle baracche echeggiavano i gemiti dei moribondi, si sentiva puzza di sudori, di corpi sporchi di escrementi, di colonie di pidocchi e il freddo che filtrava nelle baracche, 30 gradi sotto zero. I camini di Birkenau, sono salita sulla torretta e ho visto tanti camini, tante baracche fino in fondo al bosco di betulle dove ancora oggi si trovano ossa e cenere delle vittime. Qui c’era un paese è stato distrutto per costruire questo campo. Ma si sa che 1.500.000 bambini furono cremati a Birkenau. «I miei occhi là fissi, su quei mostri spinati ad offendere l’aria che in essi passavano. E un mattino quell’aria si fece fumo e in quel fumo vidi mia madre, mio figlio dispersi nel vento. Solo cenere noi fummo per il barbaro pensiero..." poesia trovata nei Campi di Sterminio. Cracovia nel quartiere ebraico Kasimiere, l’Ulika Szeroka è il cuore del quartiere ebraico, dove c’è la Sinagoga, il Cimitero. Una piazza contornata da palazzi vuoti, finestre accostate senza tendine, un silenzio assordante, anche la fontanella è muta, una vecchia fontana è lì a testimoniare il vivere quotidiano normale di tutti... C’era la bottega del sarto, del ciabattino, del barbiere, del fabbro, gente che lavorava. Non era un ghetto, ma un quartiere di giovani coppie, di bambini, di uomini, di donne, ma un giorno le SS lasciarono solo gli ammalati e gli altri li caricarono sui camion con destinazione del non ritorno. I parenti non possono entrare perché i loro cari hanno portato con sé i documenti regolarmente bruciati dai nazisti. Gli ammalati fecero anche loro una brutta morte, in solitudine. È stata una testimonianza terribile. Non riesco a credere, ma è tutto vero. Molte sono le testimonianze che ho ascoltato. Quando gli ebrei scendevano dal treno e entravano nel campo c’era l’orchestrina che suonava, la musica accompagnava i detenuti al lavoro, la musica li accompagnava anche alla morte. 2 km di filo spinato cingeva il campo di Auschwitz, quanti prigionieri si sono gettati contro per suicidarsi non potendo sopportare il terrore, il terrore era la piazza d’appello con la forca collettiva dove le SS eseguivano esecuzioni collettive. Il Muro della morte 20.000 prigionieri morirono con un colpo di pistola alla nuca. La memoria serve per non dimenticare, la Shoah, il martirio. Olocausto significa sacrificarsi. I 6 milioni di ebrei non si sono sacrificati, ma sono stati martirizzati. Alba Pioletti Brescia
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Condividi l'articolo
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato