A 50 anni si diventa «invisibili» per il mondo del lavoro

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Sono, professionalmente parlando, «invisibile»; l’aver superato da poco i 50 anni mi ha portato non solo a temere la comparsa di eventuali rughe ma anche a capire di essere diventata invisibile, una sorta di «morto che cammina» per i datori di lavoro. Ho recentemente saputo che a decorrere dal prossimo anno l’azienda con la quale collaboro, nell’intento di «svecchiare» *-* l’ambiente, apportando grazie all’esperienza di una persona nata a metà degli anni ’90, «innovazione e freschezza», farà a meno di me. Appresa la notizia ho subito iniziato a cercare una valida alternativa - considerando poco appetibile l’idea di tornare a vivere con la mamma o a spese di qualche ente assistenziale... -, ed è qui che ho scoperto di non esistere causa vecchiaia. Poco importano i tanti anni di esperienza lavorativa, la totale mancanza di vincoli familiari che mi rendono totalmente padrona del mio tempo, come mai avrei potuto essere 20 anni fa quando dovevo districarmi fra il lavoro, i figlio piccoli ecc., sono vecchia ... Inutile il fatto che utilizzi con disinvoltura gli strumenti informatici necessari per il lavoro, che conosca i principali gestionali in uso alle aziende, che padroneggi l’utilizzo di tutti i principali social utili per promuovere prodotti ed aziende, che abbia ricevuto negli anni numerose volte riscontri positivi riguardo la professionalità e capacità, sono vecchia. Ininfluente il fatto che faccia molte ore settimanali di sport, legga per piacere e passione almeno 3/4 libri al mese, che sia incuriosita ed attratta da argomenti nuovi e non mi tiri indietro quando c’è qualcosa da imparare, che ami visitare mostre, vedere un bel film, che non abbia ancora perso la capacità di sognare: sono ormai vittima del deterioramento cerebrale e fisico che si presenta inesorabile quando si supera la soglia dei 50... Una gentile collaboratrice - più giovane dei miei figli - di una delle tante agenzie di lavoro interinale alle quale mi sono rivolta, mi ha detto imbarazzata che il mio profilo era molto interessante, che io le avevo fatto una buonissima impressione e che mai avrebbe indovinato, se non avesse visto la carta di identità, la mia veneranda età, che avrebbe tentato di aiutarmi ma di non nutrire grandi aspettative perché, per la maggior parte dei datori di lavoro l’aver superato i 45 anni diventa automaticamente motivo di esclusione. Sono invisibile e la cosa devo dire mi spaventa un po’... Per motivi vari non percepirò probabilmente mai una pensione sufficiente a vivere, non ho rendite di capitale né risparmi che mi consentano di non lavorare, non posso contare sull’aiuto di altri a parte me stessa; durante la buona parte di ogni notte, anziché dormire mi tormento cercando di capire come sbloccare la situazione e trovare, prima del termine del periodo di preavviso, un impiego dignitoso che mi dia la possibilità di mantenermi. È vero, ho 50 anni, ma siamo sicuri che per una azienda investire su noi nati negli anni ’60 sia un investimento destinato a fallire? Libere dagli impegni di una famiglia in via di costruzione, non ci assenteremo dal lavoro per congedi di maternità, fermarsi un poco di più dell’orario lavorativo in caso di bisogno sarà per noi molto più semplice di quanto lo sarebbe per chi deve scappare a recuperare i bimbi all’asilo, siamo consapevoli dei nostri punti di forza e dei nostri limiti, sappiamo far fronte ad imprevisti ed emergenze, siamo autonome nello svolgimento dei nostri compiti. Cerco di essere ottimista e pensare che troverò una soluzione ma non sempre è facile crederci, è umiliante ed avvilente avere un’età nella quale da ragazzina ero certa avrei raggiunto equilibrio e stabilità e ritrovarmi a dovere ricominciare tutto da capo, con il mantello dell’invisibilità che mi impedisce di mostrare quel che so fare.

// Lettera firmata

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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