Italia e Estero

Quirinale: Giorgetti spinge Draghi con più poteri, ira della Lega

Il leghista immagina un semipresidenzialismo ma la reazione dei partiti è gelida, a partire da Matteo Salvini
Mario Draghi e Sergio Mattarella - Foto Ansa  © www.giornaledibrescia.it
Mario Draghi e Sergio Mattarella - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Nella scia del partito pro Draghi al Colle che sta crescendo vistosamente negli ultimi giorni, si piazza ora Giancarlo Giorgetti. Il ministro leghista subordina in realtà l’ipotesi a piano B, preferendo che Mattarella si allunghi nel suo ruolo fino a fine legislatura, nel 2023. «Se questo non è possibile, va bene Draghi», ammette il capodelegazione della Lega. Ma va oltre, al limite della Costituzione con un doppio salto: se Draghi dovesse traslocare al Colle lasciando libero Palazzo Chigi, «potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale». Dunque annuncia senza timidezze: «Sarebbe un semipresidenzialismo de facto».

La dichiarazione arriva dall'ultimo libro di Bruno Vespa «Perché l’Italia amò Mussolini», ed è stata diffusa dall'Ansa e da vari giornali. Le parole di Giorgetti risalgono quindi ad almeno qualche settimana fa, con tutta probabilità prima dell’intesa tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia per la candidatura di Silvio Berlusconi a prossimo presidente della Repubblica. Stanno comunque facendo molto discutere perché a Roma si sta iniziando a parlare del dopo Mattarella, il cui mandato scade il 3 febbraio.

Insomma sembra ormai quasi sdoganato l’addio al voto anticipato. A invocarlo è rimasto solo il partito della Meloni, che lo indica come «via maestra» e condizione per il sì a Draghi presidente della Repubblica. Agli antipodi, Conte. Per il M5s, nessuna preclusione all’ex governatore di Bankitalia ma «qualunque sia la soluzione, non ravviso le condizioni per andare a votare un attimo dopo», sentenzia il leader.

Intanto la proposta del numero due del Carroccio spariglia il dibattito alimentando la «saga» sul Quirinale, già aperta nonostante manchino tre mesi al 3 febbraio, quando si concluderà il mandato di Mattarella. La contesa del resto è già complessa, tra autocandidature più o meno esplicite, veleni e condizioni come il voto anticipato. Su questa Giorgetti dice «no» suggerendo un escamotage: «Il presidente della Repubblica allarga le sue funzioni, approfittando di una politica debole». Più o meno come fece a suo tempo il presidente Napolitano? «Lui l’ha fatto dinanzi a un mondo politico spaesato. Draghi baderebbe all’economia», chiarisce netto. Ma lo scenario prospettato da Giorgetti è di difficile realizzazione, non c’è spazio nell’attuale Costituzione per un semipresidenzialismo reale.

Lo scenario

Di fronte a un’eventuale candidatura di Draghi al Quirinale, l’esecutivo potrebbe andare avanti affidando ad esempio l’interim all’attuale ministro dell’Economia, Franco oppure al decano fra i ministri, cioè Renato Brunetta. Un altro modo per mostrare, soprattutto all’Europa, che l’Italia tiene una certa continuità istituzionale. Al di là della concretezza, la soluzione Giorgettì gela gran parte della Lega. Nessun commento ufficiale, se non che è uno scenario prematuro, trapela dal partito. Laconico Roberto Calderoli: «Io aspetto febbraio». Apparentemente indifferenti gli altri partiti, per sminuire la proposta o irriderla. «Mi sembra surreale che un ministro dia una interpretazione tutta sua della nostra Costituzione», osserva Andrea Marcucci del Pd. Il suo segretario di partito ha chiesto più volte di non parlarne fino a fine anno. E infatti Enrico Letta tace, perché - riferiscono fonti del Nazareno - la scelta non può trasformarsi in un «risiko delle convenienze partigiane, dei partiti o dentro i partiti». Tace pure Forza Italia e il suo leader Berlusconi che per arrivare al Qurinale dovree essere sostuenuto da una coalizione granitica - tutta, fino all’ultimo grande elettore - nonostante il voto segreto. In più servirebbero 54 voti «nuovi» da cercare tra i moderati o gli ex dei vari partiti. Di sicuro il Cavaliere non potrà contare sui 5 Stelle. A mettere la parola tombale è Luigi Di Maio: «Mi sembra improbabile», dice in una lunga intervista alla Stampa. Anzi, chiude i giochi: «È un’ipotesi irrealizzabile» aggiungendo che «Salvini e Meloni stanno giocando con Berlusconi» in un grande bluff.

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