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Pompieri incendiari a Ragusa, «no a strumentalizzazioni»

La squadra incriminata appiccava incendi e simulava richieste di soccorso. Per l'Associazione vigili del fuoco volontari sono casi isolati
L'arresto del caposquadra Davide De Vita - Foto Ansa
L'arresto del caposquadra Davide De Vita - Foto Ansa
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Un caso «che non ha nulla a che fare con le migliaia di vigili del fuoco volontari che da oltre due secoli concorrono nel garantire il soccorso alle popolazioni».

Così il presidente dell’Associazione nazionale vigili del fuoco volontari, Luca Bonello, commenta l’inchiesta di Ragusa, dove secondo gli inquirenti un’intera squadra di 15 pompieri ausiliari appiccava incendi e simulava richieste di soccorso per lucrare sui compensi. Per il caposquadra Davide De Vita sono scattati i domiciliari, gli altri 14 sono indagati per truffa.

Bonello ribadisce il sostegno «al restante nucleo di ragazzi che operano quotidianamente nel distaccamento di Santa Croce Camerina» e ringrazia magistratura e forze di Polizia per le indagini svolte. 

Una presa di posizione in linea con quanto scritto su Twitter dalla Direzione Centrale Emergenza e Soccorso Tecnico dei Vigili del Fuoco. «Sessantamila roghi spenti, i fatti dei volontari di #Ragusa ci indignano, la strumentalizzazione pure. Oggi profilo chiuso: rispetto per i #vigilidelfuoco».

Dalle indagini avviate dalla squadra mobile di Ragusa, dopo la segnalazione del comando provinciale dei pompieri, è emerso che il capo del gruppo, Davide De Vita, durante il turno come volontario si assentava, con la complicità dei colleghi, per andare con il suo furgoncino ad appiccare incendi per poi uscire con l'autobotte a spegnere le fiamme e percepire così le indennità. 

«Tanto lo sanno che il fuoco lo provochiamo noi», diceva a un certo punto uno degli indagati intercettato, aggiungendo l'ultimo tassello al quadro che gli inquirenti stavano ricostruendo. Conversazioni piuttosto animate, quelle degli indagati, che, temendo di essere finiti nei guai, si scambiavano accuse reciproche. I fatti risalgono al 2013. Rispetto agli altri volontari, gli accusati operavano 3 volte in più. A dispetto di 40 interventi di una squadra, loro ne effettuavano 120, creando anche malumore nei colleghi. 

 

 

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