Italia e Estero

La volontaria bresciana uscita da Gaza: «Sto bene, ma abbiamo visto un genocidio»

Giuditta Brattini è tra i quattro italiani che mercoledì hanno lasciato la Striscia dal valico di Rafah. Oggi torna in Italia
Giuditta Brattini, volontaria bresciana, è stata a Gaza fino a mercoledì
Giuditta Brattini, volontaria bresciana, è stata a Gaza fino a mercoledì
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«Sto bene, ma mi pesa molto aver dovuto abbandonare i profughi lì, la nostra presenza è importante affinché non si sentano soli». Sono per i palestinesi e non per la sua persona le prime parole di Giuditta Brattini, la cooperante bresciana messa in salvo dalla Striscia di Gaza da una delegazione consolare italiana mercoledì insieme a tre connazionali. 

Rientrerà in Italia oggi dopo due mesi da incubo, dopo aver visto le bombe, la fame, la malattia, i cadaveri. Fisicamente sta bene, ma psicologicamente è tutt’altra storia: «Non ho avuto il tempo di metabolizzare - racconta la volontaria, che si trovava nella Striscia da inizio ottobre per la onlus Gazzella di Verona -. Adesso ho bisogno di mettere in ordine tutto e raccontare; noi che siamo usciti abbiamo il dovere di dire quello che abbiamo visto: è un genocidio». Brattini racconta di «persone ammassate in luoghi di riparo che non hanno niente, solo un panino e una scatoletta di carne al giorno, per ogni famiglia. Questa non è una responsabilità dell'Unrwa che anzi sta facendo il possibile, ma gli aiuti non sono sufficienti». E poi cristallizza momenti e scene di vita da profughi, col terrore di essere colpiti dai bombardamenti: «Eravamo senza servizi igienici e dormivamo all’aperto. Certo, queste condizioni non sono paragonabili a quelle dei palestinesi, ma abbiamo provato sulla nostra pelle cosa significa essere evacuati dalla propria casa e avere solo uno zaino in spalla con dentro poche cose». 

La 65enne salirà su un volo di linea dal Cairo e arriverà all’aeroporto di Orio al Serio, dove ad attenderla ci sarà il marito. Nei giorni dell’escalation ha trascorso con gli altri volontari due giorni a Gaza City, poi si è spostata a Khan Yunis ed infine ha fatto tappa a Rafah, sempre in una struttura logistica dell’Unrwa. Qui ha trascorso gli ultimi giorni, mentre i tank israeliani si avvicinavano sempre di più al confine. Mercoledì, dopo essere stata fatta condotta fuori alla Striscia di Gaza attraverso un’odissea lunga 7 ore per percorrere 100 metri fino al valico di Rafah, Giuditta è stata subito portata all’ospedale Umberto I nella capitale egiziana. 

La giornata di ieri è stata di accertamenti e visite, oltre che di recupero psico-fisico prima del viaggio di ritorno. D’altronde all’interno del campo profughi di Rafah dove si trovava si parlava già di emergenza sanitaria, come la donna aveva già sottolineato alcuni giorni fa: «Sono numerosi i casi di diarrea di intossicazione alimentare, di scabbia e soprattutto di infezioni bronchiali. La situazione sotto l'aspetto igienico-sanitario sta pesantemente aggravandosi. Tutti i convogli umanitari devono entrare il prima possibile, così da poter distribuire sia i medicinali che i generi alimentari in tutta la Striscia di Gaza». 

Dalla Gazzella onlus, l’organizzazione veronese di cui Brattini fa parte da circa 20 anni, fanno sapere che «conoscendo Giuditta, sicuramente vorrà tornare nella Striscia prima o poi, nella speranza che la situazione possa tornare alla normalità». Ma ora è il momento del ritorno e della riflessione. Anche se con ogni probabilità la volontaria bresciana vorrà raccontare dettagliatamente la tragedia e la violazione dei diritti umani di cui è stata testimone diretta.

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