Italia e Estero

In Lombardia calano i contagi, ma vengono fatti meno tamponi

Dagli oltre 6mila test del 26 marzo, con 2.500 nuovi casi, si è passati ai 3.500 di ieri, con 1.047 positivi. Niente tamponi per chi è a casa
Test per accertare il contagio da coronavirus - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Test per accertare il contagio da coronavirus - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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La curva dei contagi rallenta, il numero dei decessi resta alto, ma non più in continua crescita, mentre negli ospedali la pressione provocata dai nuovi casi sembra diminuire.

Ci si affida ai piccoli segnali per cercare un’inversione di tendenza nella diffusione della pandemia di coronavirus in Italia, dove anche ieri ci sono state 837 vittime, 35 ogni ora, 70 delle quali nel Bresciano.

Restano però ancora dubbi sui numeri totali. Per quanto riguarda la Lombardia i dati dei nuovi positivi va di pari passo alla diminuzione dei tamponi eseguiti e analizzati: dai 6.047 del 26 marzo, giorno in cui si rilevarono 2.500 nuovi contagi in tutta la regione, si è passati ai 3.583 di ieri, in cui la crescita dei contagi rispetto al giorno precedente è stata di 1.047 unità.

Stesso trend nei giorni precedenti: 8.147 test il 27 marzo, +2.409 casi (picco massimo di tamponi, successivo all'annuncio del presidente Fontana di un aumento dei controlli); 6.643 test il 28 marzo, +2.117 casi4.895 test il 29 marzo, +1.600 casi; 3.659 tamponi il 30 marzo con +1.592 casi.

Allo stesso tempo, continuano gli appelli alla Regione affinché aumenti il numero dei tamponi per capire le reali dimensioni del contagio. Alle statistiche sfuggono tutti i malati rimasti a casa, dato che i test vengono fatti solo sui pazienti ospedalizzati. Gli ospedali, lo ricordiamo, sono saturi: il che rende difficile nuovi ricoveri e dunque nuovi tamponi.

L’Ordine dei medici di Brescia ha proposto di fare i tamponi almeno alle persone che rientrano al lavoro dopo un periodo di malattia: «In questo modo, come già in atto per gli operatori sanitari, non si rischierebbe di fare rientrare al lavoro pazienti potenzialmente infettanti che potrebbero compromettere il funzionamento di servizi essenziali determinando, nel contempo, ulteriore diffusione della malattia». L’indicazione, per ora, è rimasta inascoltata.

Senza contare che i medici delle Unità speciali di continuità assistenziale chiamati dalle Ast lombarde per seguire i malati a domicilio hanno specificato che non eseguiranno tamponi. Tutto ciò contrasta con le parole del presidente Fontana, che pochi giorni fa aveva assicurato come i tamponi sarebero stati fatti «anche con un solo sintomo». 

 

 

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