Italia e Estero

Il punto sul caso Silvia Romano, la volontaria rapita in Kenya

Secondo Repubblica ci sarebbero stati quattordici arresti, ma non ci sono conferme. Sull'episodio ancora nessuna rivendicazione
Una foto tratta dal profilo Facebook di Silvia Romano, la volontaria milanese rapita in Kenya
Una foto tratta dal profilo Facebook di Silvia Romano, la volontaria milanese rapita in Kenya
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Sarebbero 14 le persone arrestate in Kenya per il rapimento di Silvia Romano, la volontaria milanese di 23 anni rapita da un commando di otto persone che due giorni fa aveva fatto irruzione nel villaggio di Chakama.

Lo scrive Repubblica nella sua edizione online, anche se al momento non ci sono altre conferme.

Sempre secondo  il quotidiano diretto da Mario Calabresi l’episodio sarebbe da ricondurre a gruppi criminali e non ad Al Shabaab, gli integralisti islamici somali che in diverse occasioni hanno seminato il terrore in Kenya.

La prima esperienza di Silvia Romano in Kenya risale ad agosto, in un orfanotrofio a Likoni, gestito dalla onlus Orphan's Dream. Successivamente aveva proseguito le sue attività con la piccola onlus marchigiana Africa Milele a Chakama, prima di tornare in Italia, dove ha poi deciso di continuare con il suo impegno in Africa. 

«Quando un mese fa è tornata in Kenya, Silvia mi è venuta a trovare e le ho detto di non andare a Chakama, perché non è un posto sicuro, ma lei mi ha risposto che lì erano tutti suoi amici», racconta Davide Ciarrapica, fondatore di Orphan's Dream. Silvia gli aveva spiegato che preferiva Chamaka «perché le avevano proposto di fare la referente e perché lì poteva svegliarsi quando voleva e uscire con gente del posto».

Secondo un testimone oculare, gli uomini armati l’hanno rapita cercavano proprio lei e l'hanno schiaffeggiata e legata, prima di portarla via. Ronald Kazungu Ngala, questo il nome del testimone, è uno dei ragazzi la cui istruzione è sostenuta dalla onlus per cui lavora la ragazza italiana ed era nell'ufficio dell'organizzazione, quando ha sentito gli spari provenienti dall'esterno, che hanno fatto fuggire o nascondere tutti quelli che si trovavano nell'area commerciale. 

La banda ha quindi fatto irruzione nell'ufficio con fucili e machete, intimando che fosse loro detto dov'era la donna bianca. «Ho detto loro che se ne era andata - racconta il diciannovenne -, ma non mi hanno creduto e si sono precipitati nella stanza, dove l'hanno trovata». 

Ngala dice di averli seguiti e aver sentito uno di loro chiedere a un altro «se fosse lei». Quando gli è stata data una risposta affermativa, l'ha «schiaffeggiata duramente finché Silvia è caduta». «Ronald, per favore, per favore! Ronald, per favore aiutami», avrebbe detto la giovane, secondo Ngala. «Ho provato a respingere un uomo che la teneva giù per legarle le mani dietro la schiena - dice ancora il ragazzo -, ma qualcuno mi ha colpito in testa con un bastone e ho quasi perso i sensi. Lei mi ha detto di mettermi in salvo e sono fuggito». Due degli uomini armati che erano fuori dalla stanza avrebbero quindi sparato a delle persone presenti, ferendone cinque. Secondo Ngala, i rapitori hanno portato Romano attraverso il fiume Galana.

La Farnesina, attraverso l'Unità di crisi, ha immediatamente attivato tutti i canali per far luce sulla vicenda, alla quale stanno lavorando anche gli investigatori dell'Aise, mentre la procura di Roma ha aperto un'inchiesta per sequestro di persona per finalità di terrorismo. 

«Ci stiamo lavorando, fatemi dire il meno possibile», ha commentato il ministro dell'Interno Matteo Salvini, al termine di un'audizione al Copasir. Resta il fatto che la zona scelta da Silvia era considerata poco sicura da molte associazioni. A 70 chilometri dalla ricca e turistica Malindi, Chakama è in realtà poverissima.

 

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