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Il Green Pass sta per cambiare: ecco a cosa lavora il governo

Dato l'aumento dei contagi, Palazzo Chigi si prepara a ridurre la durata del certificato e a stabilire l'obbligo della terza dose per i sanitari
Un controllo del Green Pass - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Un controllo del Green Pass - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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I contagi stanno aumentando e per evitare un peggioramento della situazione sanitaria il governo sta pensando a nuove misure. Le regioni premono per introdurre restrizioni più severe per chi non è vaccinato, cosa che Palazzo Chigi per il momento esclude. Settimana prossima però si riunirà una cabina di regia che dovrebbe decidere su una modifica alla durata del Green Pass e sull’obbligo della terza dose per i sanitari.

La linea tracciata da Palazzo Chigi al momento dunque non cambia: dall’esecutivo di Draghi c’è massima attenzione all'evoluzione della curva epidemiologica, con la consapevolezza che le scelte fatte nei mesi scorsi e ora adottate anche da altri paesi, a partire dal green pass nei posti di lavoro, hanno permesso di contenere la forza del virus, interventi misurati sulla base dei numeri. Per questo i provvedimenti che al momento il Consiglio dei ministri esaminerà tra mercoledì e giovedì prossimi, dopo un parere del Cts, sarebbero solo la riduzione da 12 a 9 mesi della durata del certificato verde già da dicembre, anche se nella comunità scientifica c'è chi chiede che scenda a 6 mesi, e l'obbligo della terza dose per i sanitari

La proposta delle Regione per le restrizioni dei non vaccinati

Prima però, lunedì o più probabilmente martedì, il presidente del Consiglio Mario Draghi vedrà le Regioni, con i governatori in pressing per ottenere un doppio binario per il certificato verde: chi si vaccina o è guarito può entrare in ristoranti, cinema e stadi, chi fa il tampone potrà solo accedere ai posti di lavoro e ai servizi essenziali. Oggi la sollecitazione di turno è arrivata dal presidente della Calabria Roberto Occhiuto, con la ministra per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini che definisce di «buon senso» la proposta: «non si può penalizzare» in caso di cambi di colore l'85% degli italiani vaccinati. 

Il lockdown sociale dei non vaccinati, ripetono però fonti di governo, al momento non è sul tavolo: l'attenzione e la disponibilità ad ascoltare le Regioni ci sono, ma ogni eventuale discussione in merito sarà strettamente legata all'andamento della curva e alla situazione di terapie intensive e reparti ordinari, i due parametri che fanno scattare i cambi di colore e che per ora tengono. Sulla questione, tra l'altro, non c'è accordo nella maggioranza, con Matteo Salvini che continua a ribadire il suo no e il presidente del Veneto Luca Zaia che solleva una questione già affrontata nei giorni scorsi dallo stesso coordinatore del Cts Franco Locatelli. «Stante la Costituzione e il paese che siamo, un lockdown per i non vaccinati non è praticabile dal punto di vista giuridico». 

Si accelera sulle terze dosi

Si sta lavorando, invece, per accelerare sulle terze dosi. Di fatto il governo ha già impresso un cambio di passo, anticipando a lunedì la somministrazione ai 40enni prevista per il 1 dicembre. Si sta inoltre valutando la possibilità di accorciare i 6 mesi tra il completamento del ciclo vaccinale e la dose booster, in modo che anche i giovani possano vaccinarsi prima. Perché ci sono italiani che hanno meno di 40 anni e hanno concluso il ciclo vaccinale da più di 6 mesi (professori, forze di polizia e militari). «È un elemento da valutare con una certa attenzione - conferma il direttore della prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza - accorciare l'intervallo non avrebbe effetti negativi e potrebbe dare una qualche possibilità in più di accelerare». E proprio in quest'ottica va l'annuncio del commissario per l'emergenza Francesco Figliuolo che entro la fine dell'anno arriveranno altre 8,6 milioni di dosi di Pfizer e Moderna. 

Le possibili restrizioni per gli ingressi e la durata dei tamponi

Ci sono poi altri due punti sui quali la discussione è aperta. Il primo è la possibilità di introdurre restrizioni per gli ingressi in Italia anche dai paesi Ue, le invoca ad esempio il presidente della Conferenza delle Regioni e del Friuli Massimiliano Fedriga, ma un intervento in merito ci sarà solo in seguito ad una decisione dell'Unione europea. La seconda riflessione, in atto soprattutto nella comunità scientifica, riguarda invece la durata dei tamponi, con la possibilità di ridurre quella degli antigenici da 48 a 24 ore e quella dei molecolari da 72 a 48.

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