Italia e Estero

FdI e l'inchiesta «Lobby Nera», spunta l’esposto su Brescia

Alle Procure di Milano e Brescia una segnalazione anonima indica i legami dell’eurodeputato Fidanza con esponenti politici locali
Il Palazzo di Giustizia di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il Palazzo di Giustizia di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Lo scontro tra fazioni si trascina da tempo. Ma ora da latente, sottoforma di guerra fredda interna, sembra arrivato a un passo dalla denotazione. Perché sul tavolo delle Procure di Milano e di Brescia, in forma anonima (senza quindi il coraggio di metterci la firma), è stata recapitata una segnalazione che punta (anche) su Brescia. Casa Fratelli d’Italia, giornate da nervi tesi sulla scia dell’inchiesta di Fanpage che mette in luce la presunta lobby nera, chiamando in causa Roberto Jonghi, noto come il «Barone nero», e l’eurodeputato Carlo Fidanza. Proprio a quest’ultimo nome l’esposto si aggancia per portare all’attenzione della magistratura l’iter che ha caratterizzato le dimissioni di Giovanni Acri dal ruolo di consigliere comunale.

La vicenda

La chiave di lettura fornita da chi getta il sasso (nascondendo però la mano): il dubbio è che quel metodo, il «metodo Fidanza», si sia ramificato attraverso un network di persone sui territori. No, la segnalazione non parla di finanziamenti illeciti, ma fa riferimento a un «meccanismo» per ottenere possibili tornaconto personali. Acri - questa la tesi - avrebbe deciso di percorrere la via delle dimissioni (al suo posto, come primo dei non eletti, è subentrato Giangiacomo Calovini, assistente del sen. Gianpietro Maffoni) solo una volta ottenuta la garanzia dell’assunzione del figlio nello staff di Fidanza, a Bruxelles.

Un piano sequenza descritto all’interno dell’esposto rimasto senza padri e del quale molti esponenti politici hanno parlato per settimane, non credendo alla versione dei «motivi personali». Questo perché, sostiene chi siede tra i banchi di Palazzo Loggia durante il Consiglio in questione, lo stesso Acri non ne avrebbe fatto segreto, conclamando apertamente che prima di depositare formalmente nelle mani del presidente Roberto Cammarata il suo «addio» al ruolo di consigliere voleva visionare il contratto del figlio. La segnalazione è ora sul tavolo delle due Procure, ma saranno i magistrati a dover valutare la sussistenza o meno di eventuali profili illeciti.

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I fronti politici locali

Certo è che non si può prescindere dal contesto politico nel quale questo interventismo si palesa. I fronti politici aperti, a Brescia, sono due: da un lato la battaglia d’odio e amore tra il partito di Giorgia Meloni e la Lega (alleati sui massimi sistemi a livello nazionale, ma rivali sui territori). Dall’altro, il duello interno alle due correnti di FdI, diventato quasi insopportabile anche per gli alleati della coalizione di centrodestra. A farsi la guerra sono la compagine (più numerosa) che ha il suo punto di riferimento nella coordinatrice regionale Daniela Santanché e quella vicina a Fidanza, di cui fa parte il senatore Gianpietro Maffoni e con la quale - dopo una lite furibonda proprio con la componente di Santanché - si è schierato anche l’ex forzista Giuseppe Romele.

Uno scontro di potere costante, che (non è un segreto) sta logorando i rapporti e che è iniziato con la crescita dei consensi e dei militanti del partito. Più persone, meno posti a disposizione e un’indicazione chiara dalla leader nazionale che ha acuito i veleni tra le mura di casa: in vista delle Politiche (probabilmente anche per tentare di governare e frenare, tra i nuovi arrivati, un’estenuante caccia alle poltrone) le uniche candidature prese in esame saranno quelle di amministratori o consiglieri locali. Essere in un Consiglio comunale, in quest’ottica, significa cioè avere una carta in più da giocare.

Gli scenari aperti

Tutto questo trambusto avviene peraltro a ridosso di altre due operazioni. La prima: FdI potrebbe presto diventare il secondo partito d’opposizione, scavalcando numericamente FI anche in Loggia con l’ingresso (di cui si vocifera ormai da mesi) di Mattia Margaroli, attualmente seduto nel Gruppo misto, mentre sembra che Giuseppe Romele stia riallacciando i rapporti con gli azzurri, che - pur con qualche mal di pancia - non escluderebbero del tutto lo scenario di un suo ritorno nella «casa madre». La seconda: il centrodestra sta(va) iniziando a costruire il cammino per Loggia 2023. E di certo questa lotta intestina in Fdi non facilita la nascita del progetto del «centrodestra unito».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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