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Crisi di governo: Conte incassa la fiducia al Senato

La votazione finisce con 156 voti a favore, 140 contrari e 16 astenuti
Giuseppe Conte - Foto Epa/Roberto Monaldo © www.giornaledibrescia.it
Giuseppe Conte - Foto Epa/Roberto Monaldo © www.giornaledibrescia.it
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Si è conclusa in Senato la votazione sulla fiducia che il governo ha posto sulla risoluzione di maggioranza che approva le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sulla situazione politica. La votazione è finita con 156 voti a favore, 140 contrari e 16 astenuti.

Il presidente Casellati blocca il voto: l'ex 5S Ciampolillo e Nencini arrivano sul filo e riescono a votare, a sostegno del governo, solo in extremis. Protestano Lega e FdI, che annunciano si appelleranno al Colle.

Italia Viva conferma l'astensione, in segno di «disponibilità», seppure a tempo, a discutere ancora con la maggioranza. I senatori guidati da Matteo Renzi al momento tengono in ostaggio l'esecutivo giallo-rosso: se si sommassero alle opposizioni, a Palazzo Madama i rapporti di forza cambierebbero (senza Nencini, sono infatti 17 in tutto, contando anche un senatore assente per Covid, e dunque sommati ai 140 no delle opposizioni supererebbero l'attuale maggioranza). In Aula come nelle commissioni, paralizzando l'attività parlamentare.

Che vi sia un «problema di numeri» lo mette a verbale anche il premier: «se non ci sono, il governo va a casa», dice chiaro e tondo davanti ai senatori. Dove ingaggia anche un duello con l'ormai rivale Renzi: l'ex premier sceglie di intervenire in discussione generale, così da garantirsi la replica del premier. Lo accusa di «non essere salito al Quirinale per paura» e di chiudersi in «un arrocco dannoso».

Come il centrodestra, parla di «mercato indecoroso di poltrone» e con un tono apocalittico torna a ripetere la necessità di un cambio di passo, dalla scuola all'economia, «o i nostri figli ci malediranno», dice. C'è chi si chiede se il leader di Iv abbia in serbo un cambio di strategia, cercando la rottura definitiva e infischiandosene del rischio diaspora fra i suoi: i parlamentari di Italia Viva si riuniranno poco dopo e confermeranno l'astensione.

Conte riprende la parola e si difende: rivendica il dialogo e ribadisce come la responsabilità della rottura sia tutta sulle spalle di Italia Viva, «difficile governare con chi mina equilibri», attacca. Occupare «le poltrone» poi non la reputa un'accusa pertinente: l'importante è farlo «con disciplina e onore», come recita la Costituzione. Quello di cui il Paese ha bisogno «è una politica indirizzata al benessere dei cittadini» per evitare che «la rabbia sociale» esploda e si trasformi in «scontro», è la tesi argomentata dall'avvocato. E dunque serve un governo, in grado di agire.

Con il voto a tarda sera si chiude la maratona parlamentare e si apre però la difficile composizione della crisi aperta dal senatore di Rignano con le dimissioni delle ministre una settimana fa. E ora sarà il momento delle scelte: c'è il ministero dell'Agricoltura da affidare, la delega dei servizi da esercitare e, soprattutto, l'azione del governo da rilanciare con un nuovo patto di legislatura, a partire dal Recovery plan, cercando di allargare la maggioranza a quel drappello di responsabili o «volenterosi», come li ha definiti il presidente del Consiglio, in grado di traghettare in acque più sicure l'esecutivo. Dieci giorni è l'arco temporale che il presidente del Consiglio si dà per rimettere mano alla sua squadra.

Nel corso della giornata decine di cronisti lavorano nei corridoi e murata di telecamere la tribuna riservata alla stampa (guest star Bruno Vespa, che spunta quando parla Renzi). Contro il premier non mancano le frecciate: la più netta dall'ex ministro leghista, Gian Marco Centinaio che paragona Conte ad Arturo Brachetti: «Lei è l'Arturo Brachetti della politica, è come l'omino Playmobil, che potevi trasformare come volevi, in tanti personaggi». Toni forti anche da Sandra Lonardo, ex FI che si dichiara apertamente «responsabile» per la fiducia al governo ma che accusa Giorgia Meloni e alla sua gag di ieri sulla «Mastella airlines» ribatte con «l'aereo Scilipoti» sui cui sarebbe salita la leader di Fratelli d'Italia nel governo Berlusconi. L'aula poi si ferma due volte per la sanificazione anti virus.

Dopo riprende con il leader di Iv: in completo e mascherina nera arringa per 20 minuti ricordando che la crisi è vecchia di mesi. Alla «sympatheia» citata da Conte, lui contrappone il «kairòs», il momento supremo sapendo però che potrebbe essere arrivato per lui, come ultimo atto, ma resta sull'astensione. La replica del premier non manca, compresa l'amara consapevolezza: «Certo c'è un problema di numeri: se non ci sono il governo va a casa, non va avanti».

Poi in serata ci pensa Matteo Salvini a scaldare veramente gli animi con un attacco ai Cinque stelle che però coinvolge i senatori a vita: «ricordo ai senatori a vita che legittimamente voteranno la fiducia ai 5s, cosa diceva il leader dei 5s su di loro, "non muoiono mai, o almeno muoiono troppo tardi", che coraggio che avete...». Urla e dissensi in Aula con la presidente Casellati che richiama il leader della Lega: «parole irrispettose». 

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