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Trump non molla: negli Usa lo spettro della crisi costituzionale

Aleggia lo spettro di una crisi costituzionale: Donald Trump e i repubblicani decisi a proseguire la battaglia legale sul voto
Donald Trump - Foto Ansa/Epa/Shawn Thew © www.giornaledibrescia.it
Donald Trump - Foto Ansa/Epa/Shawn Thew © www.giornaledibrescia.it
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Aleggia lo spettro di una crisi costituzionale senza precedenti negli Usa, con Donald Trump e i repubblicani decisi a proseguire la battaglia legale sul voto, bloccando il processo di transizione, compreso l'accesso di Joe Biden ai briefing dell'intelligence. Il Paese rischia così di rimanere a lungo in una situazione di caos e incertezza, con due presidenti virtuali in stile Venezuela. È la sensazione che si è avuta anche oggi in occasione del Veteran day, quando le tv americane hanno trasmesso sullo stesso schermo da un lato Donald Trump che insieme a Melania deponeva una corona di fiori alla tomba del milite ignoto al cimitero di Arlington e Joe Biden con Jill che contemporaneamente compiva lo stesso gesto davanti al monumento ai caduti a Philadelphia.

Immagini che rilanciano anche il differente approccio alla pandemia: l'ex vicepresidente e la moglie con la mascherina, l'attuale first couple senza, al pari di Mike Pence, che ha cancellato la sua vacanza in Florida per seguire a Washington lo sviluppo della guerra legale sulle elezioni.

Da un lato poi il silenzio di Trump, dall'altro il messaggio assertivo e polemico di Biden: «Sarò un commander in chief che rispetta il vostro sacrificio, capisce il vostro servizio e non tradirà mai i valori per cui combattete così coraggiosamente. Non tratterò mai voi e le vostre famiglie con nient'altro che l'onore che meritate», ha detto criticando in modo indiretto l'inquilino della Casa Bianca, il quale aveva chiamato «perdenti» e «idioti» i soldati americani sconfitti in una battaglia della Prima guerra mondiale. Trump è tutto concentrato sui ricorsi elettorali, anche se persino i suoi consiglieri più combattivi, dal chief of staff Mark Meadow alla presidente del partito repubblicano Ronna McDaniel e all'ex campaign manager Corey Lewandowski, avrebbero ammesso in privato che la vittoria di Biden è più una questione di quando che di se. La sua narrativa di elezioni fraudolente è stata smentita dai dirigenti elettorali degli Stati americani di entrambi i partiti contattati dal New York Times all'indomani del voto: a loro avviso, non ci sono prove che frodi o altre irregolarità abbiano giocato un ruolo nell'esito delle presidenziali.

Per restare alla Casa Bianca Trump dovrebbe vincere, oltre che in Arizona (già assegnata al suo rivale da Ap e Fox), in North Carolina (dove è in lieve vantaggio) e in Georgia (dove insegue), oltre che ribaltare i risultati in uno o più Stati già nella colonna di Biden. Si prevedono riconteggi in alcuni di questi Stati, come quello manuale ordinato oggi in Georgia, ma sembra altamente improbabile che il presidente riesca a fare un poker o che la Corte suprema gli dia ragione su tutto. Trump continua tuttavia a blindarsi, proseguendo le purghe nel governo. Dopo il siluramento via Twitter del capo del Pentagono Mark Esper, sostituito con Christopher Miller, il capo del centro nazionale antiterrorismo, altri tre alti dirigenti della Difesa sono stati licenziati o si sono dimessi nel giro di 24 ore e sono stati rimpiazzati con figure controverse ma leali al presidente. Tra queste il generale Anthony Tata, che ha preso il posto di James Anderson. In passato aveva fatto dichiarazioni islamofobe, promosso teorie cospirative e definito Barack Obama un «leader terrorista». Nel mirino ora ci sono il capo della Cia e dell'Fbi. Le epurazioni, insieme al blocco della transizione dei poteri, minano la sicurezza nazionale, secondo gli esperti. Biden però tira diritto e con il suo transition team sta mettendo a punto una squadra di governo che sembra scommettere sulle donne e sulla diversità, mentre i dem riconquistano la maggioranza alla Camera, anche se più risicata. Ora la vera sfida sarà al Senato, con i due ballottaggi di gennaio in Georgia che, in caso di vittoria, consentirebbero ai dem di pareggiare i seggi (50 a 50) e di avere il voto decisivo grazie alla vicepresidente Kamala Harris. In questo scenario Biden avrebbe la strada spianata per la sua agenda, altrimenti dovrà trattare con i repubblicani per governare.

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