Treccani, finalmente l'estate senza 'vu cumprà'

ROMA, 26 LUG - L'Istituto dell'Enciclopedia Italiana ripercorre la storia della parola Vu cumprà, nata negli anni Ottanta per indicare i venditori abusivi, con una forte connotazione razzistica, che dopo un periodo di grande diffusione sui media fa ormai parte della storia lessicale, come sottolinea Rocco Luigi Nichil in 'R&S - Ricerca e soccorso. Piccolo dizionario di parole migranti', il nuovo ciclo di interventi pubblicato sulla rivista Lingua italiana, consultabile su Treccani.it Apparsa per la prima volta in un articolo di Raffaella Candoli sul Resto del Carlino del 1986, che anticipava di un giorno quello di Uber Dondini sulla Stampa, in cui venivano riportate le proteste dei commercianti romagnoli nei confronti dei venditori abusivi, per lo più africani, l'espressione Vu cumprà, utilizzata con valore dispregiativo ai limiti del razzismo, si diffuse rapidamente su tutti i media fino a diventare un elemento ricorrente anche della televisione italiana, dopo che Mazouz M'Barek - "in arte Patrick, marocchino autentico e 'vuo' cumprà" di professione" venne chiamato da Antonio Ricci a condurre il varietà L'Araba felice nel 1988. A ripercorrerne la storia è l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, che con R&S - Ricerca e soccorso. Piccolo dizionario di parole migranti, pubblicato sulla rivista Lingua italiana a cura di Rocco Luigi Nichil, inaugura un ciclo dedicato al lessico migratorio, che coinvolge milioni di persone e che produce riflessi non solo economici e sociali, ma anche culturali e linguistici. Un'invasione linguistica, quella dell'espressione Vu cumprà, che domina tutti gli anni Ottanta - generando anche altri occasionalismi di valore negativo come vu' emigrà, vu' campà, vu' drugà, vu' studià, - fino a sbarcare nelle aule parlamentari, utilizzato in perfetta par condicio da rappresentanti del Pci e dell'Msi, fa notare la Treccani. L'evidente connotazione razzistica, la cristallizzazione negativa e stereotipata degli "immigrati" africani - nonostante un tentativo per nulla convincente di attribuirne la provenienza alla poesia del 1925 di Raffaele Viviani 'O tripulino napulitano, 'Chillo guarda, io nun capisco / e lle dico: Vuò cumpra'?' - scatena una reazione guidata dall'ex parlamentare Dacia Valent che sull'Unità nel 1989 scrive: "A quanto pare questi 'vu' cumprà', 'vu' spazzà', 'vu' ubriacà', 'vu' rubà', 'vu' spaccià', 'vu' essere sfruttà' e chi più 'vu' ne ha' più ne metta, non sono candidati ad avere i diritti che a tutti noi competono, al di là delle cittadinanze, dei luoghi di nascita, del colore della pelle, vale a dire i diritti umani". Questo neologismo che - come ha ricordato Federico Faloppa nel suo saggio 'Razzisti a parole (per tacer dei fatti)' - ha imperversato sui giornali e nel linguaggio comune a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, tende a sparire all'inizio degli anni Novanta, come certifica anche la banca dati del Corriere della Sera che dal 1993 a oggi ne registra pochissime citazioni. "Ricostruire la storia di una parola come vu cumprà - sottolinea Rocco Luigi Nichil - può forse apparire banale, ma contribuisce a restituire profondità alla storia, superando la convinzione che tutto ciò che conosciamo sia sempre esistito e sia destinato a rimanere per sempre, come in una sorta di eterno presente".
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