'Toccate senza fare pressione', pm appella assoluzione prof

CATANIA, 26 GIU - La Procura di Catania ha appellato la sentenza di assoluzione del professore dell'università etnea che era imputato di violenze sessuali e molestie verbali avvenute tra il 2010 e il 2014 all'ospedale Vittorio Emanuele-Ferrarotto nei confronti di otto studentesse. Il docente è stato assolto dalle accuse, in parte perché prescritte, e altre, motivò il tribunale, in quanto è vero che "ha appoggiato i palmi al seno" però "non c'è stata una pressione particolare delle mani". Nel ricorso, firmato dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Francesco Cristoforo Alessandro Camerano, si censura "l'inaccettabile decorso del tempo" del processo che "ha impegnato diversi collegi ed è durato 9 anni per una sentenza di primo grado che ha creato un danno alle parti offese e ha inciso sui ricordi dei testimoni". "La sentenza impugnata - scrivono i pm Ardita e Camerano - erra nella applicazione concreta dei consolidati principi generali in tema di valutazione delle dichiarazioni della parte offesa, che pure dichiara di volere applicare". La Procura sottolinea "l'insanabile vizio logico di contraddizione interna della motivazione" che da una parte riconosce che a carico dell'imputato "è certamente emersa la prova di un comportamento predatorio, ossessivo nei confronti delle studentesse che sceglieva come oggetto del suo desiderio sessuale, come dimostrano le convergenti dichiarazioni delle persone offese, nonché di una pluralità di testimoni che erano a conoscenza dei seriali modi di fare del professore", ma poi - si sottolinea nell'appello - "perviene alla illogica conclusione della carenza di prova del dolo (pur avendo affermato che è emersa la prova del delirio sessuale dell'imputato) e dell'elemento oggettivo del reato contestato di violenza sessuale". La Procura censura la sentenza che guarda al singolo dettaglio e non al quadro d'insieme con "l'errata parcellizzazione" delle testimonianze delle parti offese che sfociano nella "non motivata conclusione della inattendibilità dell'intero narrato convergente". Per i pm Ardita e Camerano, infatti, "costituisce una prova insuperabile della responsabilità penale dell'imputato il narrato complessivo di ben 8 diverse giovani vittime, molte delle quali non si conoscevano affatto tra di loro all'epoca delle violenze subite, le quali riferiscono concordemente le medesime violenze subite, in modo convergente, dettagliato e puntuale, anche con riferimenti a taluni specifici particolari".
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