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Riforma sanità, Pizzul (Pd): «Servirà modifica e non sarà banale»

Reazione del centrosinistra dopo l'intervento di Moratti in Consiglio regionale della Lombardia. Saranno 15 i cambi
Il corridoio di un ospedale (archivio) - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il corridoio di un ospedale (archivio) - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Arriva la replica del centrosinistra all’intervento di Letizia Moratti in Consiglio regionale sulla riforma sanitaria della Lombardia.

«Il primo punto fermo, diversamente da quanto l'assessorato di Moratti dichiarava qualche giorno fa, è che il Consiglio regionale dovrà modificare la riforma per accogliere i rilievi avanzati dal Governo» dichiara il capogruppo del Pd in Regione Lombardia Fabio Pizzul a commento dell'intervento oggi in Aula della vicepresidente.

Al contrario di quanto affermato da Moratti, che respinge l’ipotesi di un nuovo iter legislativo sulla riforma, per Pizzul «non saranno modifiche banali, perché riguardano, tra l'altro, la medicina territoriale, con le case di comunità, la programmazione dei servizi e quindi anche l'apporto del privato e il meccanismo delle nomine dei direttori generali. Quello che Fontana e Moratti stanno cercando di nascondere è che nella trattativa a Roma hanno accettato qualsiasi modifica pur di farsi accogliere una legge che tocca il nervo scoperto della Regione e della sua giunta di centrodestra». 

Secondo quanto emerge dalle indicazioni tecniche diffuse dall'assessorato al Welfare, basate sui rilievi mossi dal Ministero della Salute e inviati alla Regione il primo febbraio, sono 15 le modifiche alla riforma della sanità lombarda che saranno inserite all'interno del progetto di legge di revisione ordinamentale. Una delle principali riguarda la gestione delle nuove Case di Comunità, che, secondo quanto previsto dal Pnrr, non può essere affidata in via esclusiva ai medici di medicina generale. La funzione di accreditamento delle strutture sanitarie e sociosanitarie sarà centralizzata a livello regionale e non lasciata alle singole Ats, che si limiteranno a svolgere l'istruttoria. Salta, infine, il «listone» di 300 candidati da cui attingere per le nomine dei direttori generali, non in linea con le disposizioni statali. 

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