Italia e Estero

Quella notte in cui un italiano rubò la Gioconda

epa09211382 Visitors wearing protective face masks line up to see Leonardo da Vinci's painting La Gioconda (Mona Lisa), at the Louvre Museum in Paris, France, 19 May 2021. France eases some of its coronavirus disease (COVID-19) restrictions starting on 19 May, allowing cultural place, cinema, restaurants and cafes to admit customers outdoors, as pressure on hospitals and intensive care units in the country is diminishing. EPA/YOAN VALAT
epa09211382 Visitors wearing protective face masks line up to see Leonardo da Vinci's painting La Gioconda (Mona Lisa), at the Louvre Museum in Paris, France, 19 May 2021. France eases some of its coronavirus disease (COVID-19) restrictions starting on 19 May, allowing cultural place, cinema, restaurants and cafes to admit customers outdoors, as pressure on hospitals and intensive care units in the country is diminishing. EPA/YOAN VALAT
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BRUXELLES, 19 OTT - Nella notte tra il 21 e il 22 agosto 1911, il Louvre è chiuso per manutenzione. Un uomo, vestito da operaio, si aggira nel Salon Carré, dove è esposto il ritratto più celebre del mondo. Poche ore dopo, la Gioconda di Leonardo da Vinci scompare. Fu l'inizio del furto più celebre nella storia dell'arte. Dietro al colpo c'era Vincenzo Peruggia, imbianchino originario di Dumenza, in provincia di Varese. Convinto - erroneamente - che il dipinto fosse stato trafugato da Napoleone e deciso a "riportarlo in Italia", mise a punto un piano tanto semplice quanto audace: lavorando per la ditta incaricata della manutenzione del museo, conosceva le abitudini del personale e le misure di sicurezza. Quel giorno staccò la tavola dalla cornice, la nascose sotto il cappotto e si dileguò indisturbato. La sparizione venne scoperta soltanto il giorno dopo. In un primo momento si pensò a un errore d'inventario o a un prestito non registrato. Poi l'incredulità lasciò spazio all'evidenza: la Gioconda era stata rubata. Le indagini, che si protrassero per oltre due anni, coinvolsero anche figure di spicco dell'avanguardia culturale come Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso, entrambi sospettati e poi scagionati. Nel dicembre 1913, Peruggia - ormai rientrato in Italia - contattò l'antiquario fiorentino Alfredo Geri, proponendogli di vendere il dipinto a condizione che restasse nel Paese. L'11 dicembre, Geri e il direttore degli Uffizi Giovanni Poggi si recarono nella stanza d'albergo dove il quadro era nascosto. Riconobbero subito l'autenticità dell'opera e avvertirono la polizia, che mise in sicurezza il dipinto e arrestò Peruggia, destinato a passare alla storia come 'il ladro della Gioconda'. Il capolavoro di Leonardo fu esposto temporaneamente agli Uffizi e in altri musei italiani, prima di tornare, nel gennaio 1914, al Louvre, accolto da una folla entusiasta. L'episodio non è l'unico nella storia di furti del museo parigino, che oggi custodisce oltre 33mila capolavori: nel 1983 due armature rinascimentali furono trafugate e recuperate soltanto quarant'anni dopo. E il Louvre stesso porta ancora i segni dei saccheggi napoleonici, che continuano ad alimentare il dibattito sulla restituzione delle opere d'arte.

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