«Putin sta aizzando in Ucraina una guerra dai caratteri tribali»

Cosa sta accadendo e che cosa potrà accadere? «L’Ucraina, l’altra Russia, la pace» è l’argomento dell’incontro promosso dalla Cooperativa cattolico-democratica di cultura in collaborazione con le Acli, Memorial Italia e Russia Cristiana, in calendario giovedì 31 marzo alle 18,30, nella Sala Bevilacqua dei Padri della Pace, a Brescia. La voce dell’altra Russia, quella contraria a Vladimir Putin e perciò oppressa, sarà presentata dal professor Adriano Dell’Asta, docente di Letteratura russa all’Università Cattolica e già direttore dell’Istituto italiano di cultura a Mosca.
La situazione dell’Ucraina sarà affrontata da Paolo Bergamaschi, per 24 anni consigliere politico presso la Commissione Esteri del Parlamento europeo a Bruxelles, che ha seguito costantemente l’evoluzione dei Paesi dell’Est e in particolare quelli ai margini dell’ex impero sovietico e quindi in costante fibrillazione.
Paolo Bergamaschi, lei tra il 2013 e il 2014 è stato più volte in piazza Indipendenza, Maidan - la piazza per eccellenza di Kiev (Maidan significa appunto piazza in ucraino). Era il crogiuolo di una nazione che cercava democrazia e libertà. Tutto è nato lì?
«A Maidan Nezaléžnosti, allora subito ribattezzata Euromaidan, sono arrivato un giovedì sera di fine novembre del 2013, faceva freddo e pioveva a dirotto. L’Ucraina avrebbe dovuto firmare, una settimana dopo, l’accordo che sanciva il suo ingresso nella Ue assieme ai sei Paesi dell’ex Urss, al Vertice di Vilnius. Invece Victor Yanukovic, dietro pressione di Putin, aveva bloccato tutto, scatenando la protesta popolare. Quella piazza era gremita di giovani che urlavano un solo slogan: Europa! Proprio mentre la Ue era criticata da tutti, l’euro era in crisi e la Grecia era in difficoltà, vedere un Paese che invocava l’Europa suscitava emozione. In quella piazza sono tornato più giorni, tutti i mesi: cresceva e si rafforzava, finché Yanukovic fu costretto alla fuga. Solo una settimana dopo Putin inviava i suoi "Omini verdi" a invadere la Crimea...»
In questi giorni di dibattito sulle armi nessuno ricorda che l’Ucraina era una potenza nucleare e con il Memorandum di Budapest del 1994 ha consegnato i propri armamenti alla Russia in cambio della promessa di autonomia e integrità, con la garanzia di Usa e Gran Bretagna. Quegli impegni che fine hanno fatto?
«Per noi pacifisti l’Ucraina è il simbolo di quanto abbiamo sempre invocato: azioni concrete di disarmo. Aveva 1700 testate nucleari a disposizione e le ha cedute in cambio della pace. Molti oggi pensano che quello fu un errore gravissimo: davanti alle testate nucleari, Putin avrebbe trattato diversamente l’Ucraina. Dopo l’invasione è più difficile scendere in piazza a invocare il disarmo. I pacifisti che oggi non si schierano con l’Ucraina, di fatto sposano la narrativa di Putin».
L’Ucraina nell’Unione europea: è una promessa vaga o un’ipotesi realistica?
«Io appartengo alla schiera degli europeisti favorevoli all’allargamento. Ma è sempre più difficile oggi entrare nella Unione europea. L’ultima adesione è della Croazia, nel 2013, e per i prossimi tre o quattro anni non ne sono previste altre. L’Ucraina chiede un ingresso agevolato, ma questo non è previsto dalle normative, che sono state aggiornate da poco. Qualche passo era stato fatto prima di Yanukovic, ma non vedo come possano esserci tempi brevi».
Come andrà a finire?
«Non lo so... posso solo provare ad azzardare. Questa è una guerra tribale, Putin ha aizzato la sua tribù con tutti i riti del caso. Quale scalpo può offrire ora per placarne la sovraeccitazione? Sarà sufficiente la conquista di Mariupol e il collegamento del Donbass con la Crimea? Non lo so. Ma di fronte al rischio nucleare, una via d’uscita a Putin dovremo concederla».
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