Italia e Estero

Letta: «Il Pd, garante dell'Europa nel Paese, punta su lavoro, ambiente e giovani»

Il segretario del Partito Democratico intervistato a pochi giorni dalla tornata elettorale per la scelta del nuovo Parlamento
Il segretario del Partito Democratico Enrico Letta - © www.giornaledibrescia.it
Il segretario del Partito Democratico Enrico Letta - © www.giornaledibrescia.it
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Il Partito democratico si è trovato catapultato nella campagna elettorale mentre era alle prese con il complicato tema delle alleanze nel centrosinistra. La caduta del governo Draghi ha significato la fine del dialogo con il Movimento 5 Stelle, i passi successivi sono stati resi più complessi dall’avvio e poi dalla rottura con Calenda. Il Pd ora alla guida della coalizione di centrosinistra sta cercando un recupero sul centrodestra puntando sul proprio saldo ancoraggio europeista e atlantista 

Enrico Letta, la vostra è una campagna elettorale di rincorsa. Come sta andando?

Una bellissima campagna elettorale. Ovunque vada trovo vicinanza, partecipazione e voglia di incidere, in particolare in questi ultimi decisivi giorni. Il Partito Democratico è mobilitato ad ogni livello in tutta Italia e la risposta dei cittadini c’è. Sono davvero onorato di guidare questa comunità. 

A chi la accusa di essere troppo in difesa, cosa risponde?

Che non è così. Le nostre proposte su bollette, lavoro, emergenza climatica e diritti sono nette e incisive. Altro che difesa, poi se si vogliono urla e strepiti, o le rime baciate di Renzi, non è il mio stile. Sui contenuti il Pd è in attacco e anche la campagna elettorale che stiamo conducendo sta centrando l’obiettivo di far capire veramente quale sia la posta in gioco e anche quali siano le uniche due squadre in campo per vincere: noi o la destra.

Perché non siete riusciti a realizzare un fronte politico più ampio per fronteggiare il centrodestra?

Perché ci siamo trovati davanti interlocutori come Calenda che il giorno prima siglano un patto e dopo pochi giorni, a favore di telecamere, lo stracciano, peraltro mentendo in modo perfino grottesco. Un modo di fare politica da post-adolescenti dall’ego dilatato, diseducati al rispetto della parola data, altro che serietà. Per quanto riguarda Conte, la responsabilità di far cadere il governo Draghi nel pieno della crisi energetica con il caro bollette e una guerra feroce in Europa, ha reso impossibile una alleanza. È stata una scelta irresponsabile. Ci sono dei limiti oltre i quali non si può andare. E per me l’interesse del Paese, il senso dello Stato e la limpidezza sulle alleanze internazionali sono valori non negoziabili. 

È molto alta la percentuale di chi non sa cosa votare o addirittura se votare. Come si convince questa parte di elettorato?

Lo sappiamo perfettamente e gli ultimi giorni servono proprio ad arrivare a queste persone, far conoscere le nostre proposte e spiegare senza supponenza qual è il rischio che sta correndo il nostro Paese. Un salto indietro di decenni sui diritti, in particolare su quelli delle donne, ma anche sul posizionamento europeo e sulla giustizia sociale. E questo emerge chiaramente dai programmi.

Se tornasse a Palazzo Chigi, nei primi 100 giorni cosa farebbe?

Per le bollette non ci sono 100 giorni, dobbiamo intervenire subito, è l’emergenza numero uno. Il tetto europeo al prezzo del gas è certamente fondamentale e da questo punto di vista dalla Commissione Europea arrivano buoni segnali. Lunedì dal cancelliere Scholz a Berlino ho avuto sul punto rassicurazioni confortanti: anche la Germania vuole arrivare a una soluzione comune europea. Il consiglio Ue del 30 settembre è uno snodo decisivo. Quanto a quel che possiamo fare in Italia, noi vogliamo un intervento nazionale sulle bollette applicando per un anno prezzi calmierati dallo Stato per l’energia elettrica. Proponiamo poi il nuovo contratto «bolletta luce sociale» per microimprese e famiglie con redditi medi e bassi. E infine il raddoppio del credito d’imposta per gli extra-costi energetici delle imprese. Proposte reali e attuabili da subito.

In queste settimane si è parlato molto del posizionamento euroatlantico dell’Italia. All’interno della coalizione di centrosinistra ci sono forze politiche che in Parlamento hanno votato contro la linea del governo Draghi sull’Ucraina a partire dall’invio di armi. Se foste chiamati a governare quale sarebbe la linea del governo?

Mi lasci dire: questa domanda la dovrebbe rivolgere a Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e soprattutto a Matteo Salvini. Il Pd è nitido sul posizionamento europeo, sulle sanzioni alla Russia e con i nostri alleati non avremo difficoltà a trovare una posizione comune. È dall’altra parte che arrivano ambiguità e pessimi presagi. Su Orban giusto in queste ore Meloni ha assunto ancora una postura inequivocabile. Senza contare le parole di Salvini contro le sanzioni, che sembrano un copia e incolla dei comunicati sulla Tass del Cremlino. Non vedo nel mondo un interprete più solerte di Mosca, ripete quasi letteralmente le esternazioni di Putin o di Lavrov. 

I vostri avversari sottolineano le differenze all’interno della vostra coalizione anche sulle questioni ambientali ed energetiche. Nel centrosinistra sembrano esserci due anime un ambientalismo ortodosso contrario, ad esempio, ai rigassificatori e il Pd fermamente convinto della necessità di conciliare sviluppo e ambiente. Come si conciliano queste due anime?

Con i nostri alleati in questi anni abbiamo fatto fronte comune in Europa su tutti i provvedimenti in materia ambientale: mai una sbavatura. Ma anche qui, vogliamo parlare di quello che sta facendo Fratelli d’Italia sul rigassificatore di Piombino, con Meloni che deve correggere il sindaco del suo stesso partito?

Comunque la nostra posizione è nota: consideriamo i rigassificatori in questa fase una soluzione ponte per tutelare interesse e sicurezza dell’Italia in questa fase di emergenza. Allo stesso tempo tutti i progetti devono essere portati avanti coinvolgendo i territori e prevedendo da subito adeguate compensazioni. E anche su questo troveremo un punto di incontro con alleati e soprattutto i cittadini delle aree interessate.

Ha parlato nelle scorse settimane di rischio democratico in caso di vittoria del centrodestra. Cosa intende esattamente?

Questa destra indebolirebbe il ruolo dell’Italia in Europa, questo è il pericolo immediato. Meloni prova a presentarsi in modo da non spaventare i partner europei ma poi va a braccetto con gli estremisti di Vox in Spagna e con il governo di Orban in Ungheria, a cui la Commissione Europea ha minacciato di tagliare i fondi. Ecco cosa rischiamo. Non si tratta solo di alleati imbarazzanti, l’Italia con la destra al governo conterebbe meno in Europa. Aggiungo che quando Meloni parla di ricontrattazione del Pnrr mette seriamente a rischio i soldi già decisi per il nostro paese. Sarebbe gravissimo.

Esiste una soglia numerica sotto la quale considererebbe un fallimento il risultato del Pd?

Esiste la vittoria o la sconfitta il 25 settembre. Con questa legge elettorale non ci sono vie di mezzo. Gli Italiani dovranno scegliere se dare fiducia a noi o a questa destra pericolosa. Meloni, Berlusconi e Tremonti, che hanno ricandidato, sono gli stessi che nel 2011 hanno portato l’Italia a un passo dal fallimento. Sono sempre loro, con l’aggiunta di Salvini che certamente non aggiunge qualità alla compagine.

Immagina la ripresa di un dialogo con M5s e i Azione-Italia Viva, magari dopo il voto?

Per me in questo momento non esiste alcuna prospettiva che vada oltre il 25 settembre. C’è una posta troppo alta in gioco, non è retorica, ma la verità.

Cosa si sente di dire a tutti i 18enni chiamati per la prima volta a votare?

Che costruiremo un Paese da cui non si dovrà più scappare per assenza di opportunità. Chi non ha le spalle coperte o non viene da famiglie abbienti deve avere opportunità di realizzarsi davvero, come persona e nel lavoro. Questo si fa con iniziative incisive. Intanto eliminando i finti stage come ingresso al mondo del lavoro perché il primo impiego deve essere pagato. Proponiamo un contratto di primo impiego con detassazione e decontribuzione e vogliamo consentire ai ragazzi di riuscire ad andare fuori di casa dei genitori prima. La media in Italia è 30 anni, in Francia e Germania 24. Dobbiamo arrivare a questa media europea, anche con un incentivo per gli affitti ai ragazzi sotto i 35 anni.

Perché gli elettori bresciani dovrebbero scegliere il Pd e la vostra coalizione?

Perché siamo persone serie e preparate che hanno capito gli errori del passato e vogliono fare il bene del Paese. Con un programma solido, finalmente progressista e moderno.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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