Lago di Pilato, 'la magia della rinascita ma con poca acqua'

MONTEMONACO, 03 GIU - Nel cuore dei monti Sibillini, a quasi duemila metri di quota, il lago di Pilato accenna a risvegliarsi dopo il lungo silenzio dell'inverno. Nonostante la siccità e l'assenza di abbondanti nevicate invernali degli ultimi anni, le sue acque cominciano a riaffiorare tra le rocce, anche se la caratteristica forma a occhiale - generata dall'unione dei due bacini - ancora non si è ricomposta. A documentare questo lento e affascinante ritorno in superficie è stata Sara Marcelli, scalatrice del Cai di Ascoli Piceno e profonda conoscitrice dei Sibillini, che ha raccontato in esclusiva all'ANSA la sua ultima escursione - nella giornata di ieri 2 giugno - verso il lago glaciale più misterioso delle Marche. "Siamo partiti da Foce di Montemonaco - spiega Sara - un piccolo borgo tra la magica Sibilla e il monte Vettore. È una delle vie d'accesso più affascinanti e selvagge per salire al lago". "Il sentiero è lungo, ci vogliono almeno tre ore e mezza, ma il paesaggio ripaga ogni passo - aggiunge - Si attraversano faggete, radure, il Piano della Gardosa, fino ad arrivare alle famose 'svolte', una serie di tornanti ripidi che annunciano la conca del lago". "Quando arrivo qui - racconta ancora la scalatrice - mi emoziono sempre". "Oggi il lago non ha la sua forma piena, manca l'acqua per unire i due bacini, ma resta comunque uno spettacolo - sottolinea - È come se il paesaggio fosse in attesa, come se il lago stesse trattenendo il fiato prima di tornare a vivere davvero". "Mi sono avvicinata con cautela al bordo di uno degli invasi, dove è stata installata una recinzione per proteggere il chirocefalo del Marchesoni, un minuscolo crostaceo preistorico che vive solo qui - dice Sara - Le sue uova sono depositate tra i sassi e basta un piede fuori posto per danneggiarle. Per questo è importante seguire le regole e camminare solo lungo i tracciati consentiti". "Il monte Vettore è il mio luogo del cuore - confessa - ci sono salita più di duecento volte". "Qui - spiega - sento di appartenere a qualcosa di più grande. Anche ieri, pur sapendo che il lago non è al massimo del suo splendore, ho voluto esserci, perché è proprio in questi momenti fragili che i luoghi vanno visitati con rispetto, ascoltati e compresi".
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