La vittoria del Pd nel deserto elettorale

Chi ha vinto il turno dei ballottaggi? Non è certo fuori luogo affermare che il centrosinistra a trazione Pd possa rivendicare la vittoria di questa tornata amministrativa, che il centrodestra nelle sue anime sovraniste esca sconfitto e per ora ridimensionato, ma soprattutto che emerga il dirompente disorientamento degli elettori.
Un'affluenza poco sotto il 44% non solo testimonia la tanto sbandierata disaffezione per la politica da parte degli italiani, ma piuttosto una crisi dell'attuale sistema dei partiti (se non di un malessere più profondo della liberaldemocrazia). Viene quasi da pensare che l'elettore renda quello che riceve. In effetti l'Italia è stata anche l'unico Paese europeo ed in generale occidentale nel quale i partiti, tutti i partiti, non sono stati in grado di gestire la crisi pandemica. Ad un certo punto hanno passato la mano ad un governo tecnico a cui si sono rivolti per risolvere problemi su cui loro non erano in grado di intervenire. E in questi mesi Mario Draghi, da presidente del Consiglio, ha dimostrato una capacità politica superiore a molti dei politici di professione. Perché votare i partiti visto che adesso si sono presi una vacanza dal governo del Paese?
Ulteriore fattore di disorientamento per l'elettore medio, sia di destra sia di sinistra: in molti si saranno chiesti come è possibile che il rappresentante per eccellenza dei poteri forti e delle banche sia più efficace dei leader di partito? I partiti, invece, si sono adagiati alle spalle di Draghi e l'hanno lasciato fare cercando di capitalizzare a proprio beneficio la sua presenza a Palazzo Chigi.
La Lega ha provato a giocare il doppio ruolo, di protesta e di governo, che aveva funzionato con un'alleanza di centrodestra. In questo caso è stato solo disorientante e a Salvini oggi brucia sicuramente di più la sconfitta a Varese e Torino che quella di Roma. Fratelli d'Italia ha scelto la linea dell'opposizione e dell'intransigenza: ma evidentemente essere orbanista funziona solo se si è al governo, da soli. In generale i due sovranismi hanno prima strizzato per mesi l'occhio agli scettici del green pass e poi hanno condannato l'assalto alla Cgil di Roma di dieci giorni fa, ma appellandosi subito ad un'ipotetica battaglia agli opposti estremismi. Scelta poco credibile, che l'elettorato non ha premiato.
Il Pd di Letta, invece, ha scelto una strategia opposta: non ha fatto quasi niente, se non seguire fedelmente la linea draghiana cercando di volta in volta di rintuzzare le destre sulle loro contraddizioni e sui vari scivoloni commessi col passare dei giorni, senza fare nemmeno troppa fatica. Ha giocato di rimessa, direbbe qualche esperto di calcio, non proprio un approccio entusiasmante. Ma tenendo conto che alla sua sinistra Letta aveva poco più che cespugli e che il M5s è in una fase di trasformazione che gli sta togliendo consensi, si è trattato della formula più indolore. Una gestione che ha premiato molto più dell'approccio scomposto e caciarone della destra (per non aggiungere delle azioni dell'estrema destra) ma che può soddisfare solo l'elettore davvero fedele. Gli altri per ora si sono persi per strada.
Insomma il disorientamento degli elettori è notevole così come il loro distacco dalla politica dei partiti, anche laddove vi dovrebbe essere un coinvolgimento maggiore cioè nel voto comunale. Con un'appendice necessaria sul disincanto degli elettori: spesso i candidati sindaco soprattutto nei grandi centri non sono state figure di grande caratura (per usare un eufemismo). Chiariamo, noi italiani non siamo soli: il 40% è stato toccato in Francia l'anno scorso alle Comunali (certo nel giugno 2020 in piena pandemia), ma anche nel giugno 2021 in occasione delle Regionali.
Il problema che ora nessuno si sta ponendo è come riportare gli italiani alle urne. Letta si gode la vittoria, Conte prende tempo, Salvini e Meloni rischiano di proseguire in una sorta di guerra fredda nel centrodestra. L'autoreferenzialità di una politica mitopoietica, ma con leader riluttanti che hanno scelto di non scegliere per lasciare la guida del Paese ad un tecnico politicamente più competente di loro. Così è molto difficile convincere gli elettori a tornare alle urne.
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