Italia e Estero

La storia della ragazza che non ha servito il gelato a Salvini

È girata molto sui siti e sui social oggi, ma c’erano diverse imprecisioni. A partire dal licenziamento
I gelati del locale Baci Sottozzero - Foto Fb
I gelati del locale Baci Sottozzero - Foto Fb
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Non si può parlare di gelato negato, perché Matteo Salvini ha avuto il suo senza problemi. Ma che una giovane addetta alla vendita si sia rifiutata di servirglielo di persona, martedì, chiedendo a una collega di farlo al posto suo, è diventato un fatto a suo modo politico. Milano, piazzale Siena, gelateria Baci Sottozero. «Io non servo i razzisti», avrebbe detto la ragazza per giustificare alla titolare il suo atteggiamento, dopo che il leader della Lega se ne era già andato. Da lì, è nata una discussione che ha portato alla fine del rapporto di lavoro (in prova, attraverso un'agenzia). L'episodio sarebbe rimasto tale, se non si fosse scatenata la solita corrida virtuale. 

Un'utente di Facebook, Cristina Villani, che si è presentata come la madre della ragazza, ha scritto sulla bacheca della gelateria accusando Salvini di aver «telefonato» ai gestori per far perdere il lavoro alla figlia.

 

 

Una ricostruzione smentita dai titolari. «Durante la discussione si è tolta la divisa e se n'è andata abbandonando il posto di lavoro a metà turno - hanno scritto su Fb - esclamando cose che poco hanno a che vedere con il nostro lavoro. Inoltre non c'è stato nessun licenziamento. Da noi può essere servito chiunque con qualunque ideologia politica o culturale e quando la cosa è stata fatta notare alla signorina, lei se n'è andata lasciando i suoi colleghi e il posto di lavoro».

 

 

Il leader della Lega, invece, su Facebook riscostruisce così l'accaduto: «Cosa non si inventano alcune persone pur di fare polemica. Vado in questa gelateria da anni perché il gelato è ottimo, e continuerò ad andarci. Per chi votano proprietari o lavoratori non mi interessa, a me interessa che il gelato sia buono. Figurarsi poi se telefono a qualcuno per lamentarmi, mai fatto!»

 

 

 

 

 

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