Italia e Estero

La Regione assegnerà gratuitamente ai medici di base le case popolari

Già una cinquantina quelle disponibili in tutta la Lombardia, ma l’ipotesi è di aumentare il numero
Mancano medici di famiglia e la medicina territoriale è in crisi - © www.giornaledibrescia.it
Mancano medici di famiglia e la medicina territoriale è in crisi - © www.giornaledibrescia.it
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Il problema non è solo economico. Le ragioni del costante calo del numero di laureati in medicina che sceglie di lavorare come medico di famiglia devono essere ricercate altrove. Ad esempio, nella costante e progressiva trasformazione di una professione da clinica ad impiegatizia che impedisce ai giovani di svolgere il lavoro per il quale hanno studiato per anni.

Servono risorse, non solo per assumere nuovi medici, ma per dare lavoro a chi potrebbe occuparsi di questioni amministrative che non fanno parte della cura dei pazienti. Per disinnescare questo circolo vizioso è necessaria una profonda riorganizzazione del Servizio sanitario, indispensabile anche pe revitare che le persone si riversino nei pronto soccorso per qualsiasi problema sanitario proprio perché manca il medico di famiglia. Passando da una crisi all’altra, perché in quanto a personale anche i pronto soccorso non godono esattamente di buona salute. Un circolo vizioso, appunto.

La pubblicazione, ieri, dei dati aggiornati sugli ambiti territoriali rimasti vacanti, ovvero sui paesi in cui le porte dell’ambulatorio sono chiuse da tempo, è seguita la testimonianza di molti lettori che hanno raccontato il loro disagio da quando lo storico medico di famiglia è andato in pensione ed è stato sostituito da incaricati dall’Agenzia di tutela della Salute, spesso giovani medici in formazione.

È vero, come ha affermato ieri Ats Brescia, che «tutti gli assistiti dei 109 medici titolari che mancano hanno un supplente di riferimento», ma è altrettanto vero che alcuni cittadini devono percorrere chilometri per raggiungere l’ambulatorio dell’assistito, spesso aperto per poche ore la settimana.

Gli infermieri

Dopo le polemiche sollevate da una dichiarazione di Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia, che ha parlato di «infermieri supplenti dei medici di medicina generale» parlando della cronica carenza di questi ultimi, ieri è arrivata una nota della Sidmi, la Società italiana per la direzione e il management delle professioni infermieristiche.

Non a caso, perché Moratti è intervenuta sul ruolo degli infermieri proprio in un convegno della Sidmi. «Nel merito del ruolo infermieristico sul territorio e della collaborazione con i medici di medicina generale, mi permetto di ricordare che le prime sperimentazioni sui modelli di pesa in carico territoriali congiunte sono nate in Inghilterra all’inizio dell’anno 2000 proprio per il verificarsi di una carenza generalizzata di medici di base in quel Paese - scrive Giuseppe Negrini, coordinatore Sidmi Lombardia -. Si tratta della presa in carico di gruppi di pazienti cronici a domicilio da parte degli infermieri di famiglia e di comunità in collaborazione con i medici di Medicina generale concordando, tramite protocolli condivisi, interventi che possono portare anche alla prescrizione di farmaci, così come già avviene nella pratica avanzata in emergenza o nel See and Treat (guarda e tratta) nel rispetto di ruoli e funzioni dei professionisti che collaborano al progetto comune».

Moratti ieri ha confermato l’apertura di un nuovo bando per assumere medici di medicina generale. «Lo apriremo il 15 giugno e si chiuderà il 15 luglio per 900 medici di medicina generale in Lombardia. Per la prima volta è destinato anche a medici che possono venire da fuori Regione e ai nuovi diplomati. Ci sono anche facilitazioni che sono previste - ha aggiunto Moratti - come, per esempio, una cinquantina di case Aler che sono date ai medici di medicina generale. Stiamo lavorando per aumentarle in tutte le province».

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