Italia e Estero

La Lombardia sogna misure più leggere, ma resta rossa fino al 27

Vertice Fontana-Speranza: revisione per zone possibile. Il bivio politico: allentare o scavalcare il 3 dicembre
Ancora una settimana di attesa per la Lombardia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Ancora una settimana di attesa per la Lombardia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il grande bivio è squisitamente politico: allentare le misure prima che si giri la pagina del calendario, oppure usare la via della massima cautela, stringere i denti e scavalcare il Dpcm attuale per cambiare scenario direttamente con il decreto natalizio atteso i primi di dicembre. È questo l’enigma chiave al centro del confronto andato in scena nel tardo pomeriggio di ieri tra il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, e il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Un rebus che si inserisce però all’interno di un punto che pare ormai fermo: la nostra Regione resterà zona rossa (almeno) fino a venerdì 27. Attenzione, però: se per la Regione resteranno in vigore le restrizioni previste dal livello di massima emergenza, non è però esclusa l’opzione di allentare le maglie all’interno dei perimetri provinciali.

Venerdì dunque non cambierà nulla dal punto di vista della definizione delle fasce, mentre i nuovi dati serviranno a dire se nelle prime sette regioni per cui sono scattate le misure più pesanti (Lombardia in primis) il quadro stia effettivamente migliorando. La bussola resta insomma quella della prudenza, anche perché - avrebbe ribadito il ministro Speranza - «il dato, anche quello in calo, va comunque consolidato».

Certo è che se alcuni territori si trovassero in modo inappellabile in una situazione di «sicurezza», nulla osterebbe a lasciare loro alcune libertà in più. Potrebbe essere il caso, stando agli ultimi dati, di Mantova e forse di Lodi, ma «visto anche l’andamento dei contagi degli ultimi giorni, da un lato, e il carico ospedaliero, dall’altro, al momento non è questo il caso di Brescia» assicurano fonti istituzionali. Che - se confermato - dovrà dunque attendere il maxi briefing in agenda venerdì 27.

A quel punto però - è il ragionamento che fa l’Esecutivo sulla scorta delle raccomandazioni che arrivano in modo insistente dal Comitato tecnico scientifico - tanto vale aspettare il 3 dicembre, la scadenza dell’attuale decreto, così da «mettere al sicuro dicembre».

Qualora l’indice Rt e il quadro globale in un territorio siano particolarmente rassicuranti, i sindaci potranno inoltrare al Ministero della Salute la richiesta di inaugurare un regime di divieti più sfumato, come quello previsto dallo scenario arancione.

D’altro canto, creare delle province arancioni in una regione colorata di rosso apre a un rischio e ad almeno un’incognita. Il rischio è che ci si trovi ben presto a dover «saltare» da un colore all’altro di settimana in settimana, il che metterebbe in pericolo anche il mese di dicembre, sul quale sono puntati gli occhi di tutti: delle attività commerciali, che sperano in una, seppur minima, boccata di ossigeno, e delle famiglie, che si augurano di poter archiviare la lontananza almeno durante la parentesi festiva. L’incognita, invece, si chiama «pendolari».

Quanto è grande, cioè, la platea di lavoratori non in smart working che per motivi professionali deve sconfinare, ad esempio, a Milano, dove il colore arancione non è neppure contemplato al momento? E soprattutto: quando faranno ritorno a casa, come si dovranno comportare se risiedono in zona arancione? Si tratta di domande alle quali le istituzioni tenteranno di chiedere una risposta alla Commissione che si occupa di analizzare i 21 indicatori che sanciscono il posizionamento (e, quindi, il grado delle restrizioni) di ciascuna regione. Ma anche in questo caso, alla fine, la decisione sarà tutta politica.

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