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Inchiesta autostrade: Aspi, Spea e Mit fuori dal processo

Foto pubblicata dal profilo Facebook del comune di Rossiglione (Genova) che documenta la caduta di alcuni calcinacci dalla galleria Bertè, in A26 in direzione Genova e che hanno portato la chiusura del tratto da Masone fino al bivio A26/A10 con uscita obbligatoria a Masone, ad eccezione dei mezzi pesanti che restano in coda, 30 dicembre 2019. ANSA/FACEBOOK COMUNE DI ROSSIGLIONE
Foto pubblicata dal profilo Facebook del comune di Rossiglione (Genova) che documenta la caduta di alcuni calcinacci dalla galleria Bertè, in A26 in direzione Genova e che hanno portato la chiusura del tratto da Masone fino al bivio A26/A10 con uscita obbligatoria a Masone, ad eccezione dei mezzi pesanti che restano in coda, 30 dicembre 2019. ANSA/FACEBOOK COMUNE DI ROSSIGLIONE
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GENOVA, 29 MAG - Le società Autostrade e Spea e il ministero delle Infrastrutture escono dal processo sulla gestione della rete autostradale ligure nato dopo il crollo del Ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime). Il collegio ha stabilito che non possono essere citati come responsabili civili, figura chiamata a risarcire il danno in caso di condanna. Alle scorse udienze era stato ammesso, come parte offesa, il Comitato ricordo vittime del ponte Morandi (oltre ai comuni di Genova, Masone, Rossiglione, Campo Ligure e Cogoleto) mentre erano stati esclusi i sindacati e le associazioni dei consumatori. Sono 46 le persone imputate, tra le quali l'ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci, adesso in carcere dopo la condanna definitiva per la strage del bus di Avellino. Le accuse, a vario titolo, sono di falso, frode, crollo colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti e riguardavano i report ammorbiditi sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose e le gallerie non a norma. L'inchiesta era partita dopo il crollo del ponte. Gli investigatori avevano scoperto i presunti falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose. Nell'indagine bis era confluito anche il crollo nella galleria Bertè in A26 (30 dicembre 2019). Secondo gli investigatori della guardia di finanza, coordinati dai pm Stefano Puppo e Walter Cotugno, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori. Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti. Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano "attaccate con il Vinavil".

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