Italia e Estero

Il caso dei 5 deputati che hanno chiesto il bonus di 600 euro

Coinvolti parlamentari di Lega, M5S e Italia Viva, ma si parla di bonus anche per presidenti di regione, assessori e consiglieri
La Camera dei deputati - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
La Camera dei deputati - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Hanno chiesto all’Inps il bonus di 600 euro al mese per le partite Iva, ne avevano diritto nonostante lo stipendio da parlamentari di oltre 12mila euro e l’hanno ottenuto. Ora però 5 deputati rischiano la «gogna» e l’addio alla politica, o al loro partito. La bufera nel Parlamento scoppia quando la direzione centrale Antifrode, anticorruzione e trasparenza dell’Inps scopre la stranezza (non c’è irregolarità) e il quotidiano Repubblica la rivela. La caccia ai 5 «furbetti» del Palazzo anima la giornata, specie sui social. Qui si scatena il solito mix di ironia e rabbia, che sale al grido «Vogliamo i nomi e le dimissioni subito!».

Nel pomeriggio le voci si concentrano su 3 partiti: i parlamentari sarebbero tre leghisti, uno del M5S e uno di Italia Viva. Top secret i nomi. Si parla anche di un giro di bonus percepiti da sindaci, presidenti di regione, assessori e consiglieri. In attesa che qualcuno si autodenunci, all’orizzonte non ci sono sanzioni né richiami parlamentari. Dai partiti decine di commenti di condanne, nessuna conferma. Salvini è il più netto: denuncia la richiesta come «una vergogna» e tre ore dopo gela i responsabili: «Chiunque siano, immediata sospensione». Di certo la bomba fa rumore. E fa alzare la voce al presidente della Camera Roberto Fico che sentenzia sui social: «È una vergogna», facendo appello ai 5 perché «chiedano scusa e restituiscano quanto percepito». Sottolinea che è una questione di «dignità e opportunità», perché, va ricordato, «in quanto rappresentanti del popolo, abbiamo degli obblighi morali, al di là di quelli giuridici».

In ballo infatti c’è l’etica e l’opportunità politica, non la legge. I bonus sono stati introdotti dai decreti Cura Italia e Rilancio per dare una mano a lavoratori autonomi e partite Iva a marzo e aprile, indipendentemente da quanto guadagnano o da un eventuale danno provocato dall’emergenza sanitaria. Inizialmente di 600 euro al mese, poi saliti a 1000. La richiesta andava fatta on line. Bastava il numero della partita Iva, il codice fiscale, la scelta della propria posizione «professionale» e fiscale. Nessuna mail di conferma, i solidi arrivavano direttamente nel conto corrente. E la procedura andava fatta solo a marzo. Ad aprile il bonus scattava in automatico. A maggio invece è stato introdotto un tetto: solo per chi poteva dimostrare di aver avuto un calo del fatturato. Così, tra marzo e aprile sono stati erogati quasi 6 miliardi; il mese dopo si è scesi a 934 milioni. Il tetto ha fatto da argine alle richieste. Da qui le proteste del popolo del web: un motivo in più per votare sì alla riforma del taglio dei parlamentari, al referendum del 20 settembre. In ogni caso anche se venissero chieste ufficialmente le identità dei 5 parlamentari, l’Inps non è tenuta a rivelarle. Sono prestazioni legittime e non c’è alcun motivo di richiesta istituzionale che comporti un obbligo di risposta.

La politica condanna e chiede anche le dimissioni dei 5 onorevoli. È del segretario del Pd il commento più telegrafico: «Posso dire che è una vera vergogna?», scrive su Facebook Zingaretti. Categorico Di Maio in un post in cui non lesina gli aggettivi: È vergognoso. È davvero indecente». Per i grillini nati con la lotta alla casta nel sangue, a questo punto resta solo una cosa da fare: i furbetti abbiano «il coraggio di uscire allo scoperto - invoca Di Maio - Chiedano scusa agli italiani, restituiscano i soldi e si dimettano».

 

 

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