Italia e Estero

I mafiosi con il reddito di cittadinanza

Sono nove le persone fermate dalla Squadra mobile di Palermo tra le famiglie mafiose della zona
La villa di una delle persone coinvolte nell'inchiesta a Palermo - Foto © www.giornaledibrescia.it
La villa di una delle persone coinvolte nell'inchiesta a Palermo - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Erano uomini di Cosa nostra, gestivano un giro di droga, riciclavano denaro, incassavano i soldi delle truffe alle assicurazioni con la complicità di «spaccaossa» che simulavano falsi incidenti stradali provocando gravi menomazioni a gente disperata. Uno aveva anche una villa di lusso con piscina. Ma avevano il reddito di cittadinanza

Ne beneficiavano cinque dei nove fermati nell'operazione della squadra mobile di Palermo che ha svelato i lucrosi affari di personaggi del mandamento di Brancaccio e delle famiglie mafiose di corso dei Mille e Roccella. 

«Uomini del disonore», li ha definiti il questore Renato Cortese richiamando comportamenti privi di scrupoli: «Si appigliano a qualunque cosa. Speculavano anche sulle mutilazioni della povera gente per fare profitto». 

Il caso più clamoroso è quello di Nicolò Giustiniani, accusato di estorsione e traffico di stupefacenti. Si proclamava indigente ma aveva una mega villa a Ficarazzi, alle porte di Palermo, che ostentava un lusso grossolano dotando la sua residenza di piscina, statue di leoni, luci a colori cangianti, idromassaggio. Al telefono ordinava gli impianti e concordava le spese che in parte avrebbe pagato con il reddito di cittadinanza della moglie: 900 euro al mese. Anche Stefano Marino, uno dei due capi della famiglia di Brancaccio, aveva fatto presentare alla moglie domanda per il sussidio: incassava «solo» 500 euro. Non avevano invece coinvolto le mogli gli altri tre arrestati nel blitz della squadra mobile. Ignazio Ficarotta, Pietro Di Paola e Angelo Mangano percepivano direttamente il reddito di cittadinanza perché non consideravano un'occupazione l'impegno per il gruppo mafioso al quale arrivavano non solo i soldi dei comuni traffici criminali ma anche le indennità pagate dalle compagnie di assicurazione per i falsi incidenti provocati dagli «spaccaossa». 

Il grosso finiva agli uomini di Cosa nostra, tanto che uno degli indagati ha fatto volare dalla finestra ottomila euro in contanti e carte di credito e prepagate. Alle vittime andavano invece pochi spiccioli. 

 

 

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