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Farina, l'ex agente Betulla, si dimette da consulente di Brunetta

L'ex giornalista che si scoprì al soldo del Sismi era stato nominato consulente del ministro per la Pubblica amministrazione
Renato Farina, noto come «agente Betulla», a Brescia in una foto d'archivio - © www.giornaledibrescia.it
Renato Farina, noto come «agente Betulla», a Brescia in una foto d'archivio - © www.giornaledibrescia.it
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A pochi giorni dalla sua nomina a consulente per il ministero della Pubblica Amministrazione, ecco le dimissioni di Renato Farina, l'ex giornalista che si scoprì a libro paga del Sismi guidato dall'ex generale Nicolò Pollari (per il quale figurava quale «agente Betulla»).

A dar notizia della lettera di dimissioni ricevuta, è lo stesso ministero retto da Brunetta. «Il Gabinetto del Ministro per la Pubblica amministrazione ha ricevuto la lettera di dimissioni di Renato Farina dall'incarico di consigliere per la comunicazione istituzionale del Ministro Brunetta. Il Ministro lo ringrazia per l'impegno, la dedizione e la sensibilità istituzionale dimostrati».

Una decisione quella di Farina - a suo tempo vice direttore di Libero - sollecitata evidentemente anche da un'interrogazione parlamentare al ministro preannunciata dai senatori pentastellati Simona Nocerino e Danilo Toninelli, come lo stesso «giornalista-spia» ha tenuto indirettamente a spiegare.

«Ho rassegnato con animo leggero le mie dimissioni da consigliere per la comunicazione istituzionale del ministro per la pubblica amministrazione - riferisce Renato Farina in una nota - per il venir meno delle condizioni per esercitare proficuamente le mansioni connesse a questo incarico fiduciario». «Sono onorato e considero un grande privilegio aver potuto collaborare, in mesi di impegno entusiasta, con il ministro Brunetta. La mia gratitudine per lui non finirà mai. Nel momento però in cui la mia presenza diventa motivo di attacchi gratuiti allo scopo di indebolirne l'azione riformatrice, il miglior aiuto che posso dargli è ritirarmi. Il mio, tengo a dirlo, non è affatto un riconoscimento alle ragioni dei cultori del «fine processo mai» che da 15 anni mi inseguono per negarmi il diritto ad ogni espressione pubblica, dopo che ho pagato quanto i giudici hanno stabilito. La mia è una decisione dettata dalla volontà di non danneggiare chi ha avuto ed ha tuttora fiducia e stima non solo nelle mie qualità professionali quanto soprattutto nella mia persona.  Ringrazio, inoltre, il direttore Alessandro Sallusti per la sua squisita solidarietà».

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