Italia e Estero

Estratto il bimbo precipitato nel pozzo in Marocco, ma è morto

Lo Stato magrebino raggelato dalla notizia dopo che il salvataggio del piccolo Rayan sembrava riuscito
  • Marocco, il piccolo Rayan finito nel pozzo è morto
    Marocco, il piccolo Rayan finito nel pozzo è morto
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Una maledizione che si ripete su un'altra sponda del Mediterraneo a distanza di 40 anni. Nel giugno 1981 l'Italia e mezzo mondo seguirono senza sosta i tentativi disperati di Vigili del Fuoco e volontari giunti da ogni dove, di salvare il piccolo Alfredino Rampi, precipitato in un pozzo artesiano di pochi centimetri di diametro rimasto senza copertura nei campi di Vermicino, una frazione di Frascati.

Da quattro giorni il Marocco (ma non solo) era col fiato sospeso per la vicenda, dalle impressionanti analogie, occorsa al piccolo Rayan Oram, 5 anni appena, rimasto oltre 100 ore a 32 metri sotto terra, inghiottito da un pozzo strettissimo, in alcuni punti di soli 20 centimetri di diametro, in una zona rurale del Marocco, vicino Chefchauen.

Le speranze

«Rayan è vivo, lo tireremo fuori oggi», aveva annunciato in serata il direttore delle operazioni di soccorso, l'ingegnere Mourad Al Jazouli. Pareva arrivato l'epilogo sperato per quella immensa operazione di salvataggio che ha scandito, tra le mille difficoltà, gli intoppi, i rischi di smottamento, le speranze ma anche le delusione, le ultime lunghissime giornate in cui, a partire da martedì, i soccorritori non si sono mai dati per persi.

A cominciare da Ali El Jajaoui, arrivato da Erfoud, ormai divenuto l'eroe del deserto: quell'uomo che di professione fa lo specialista di pozzi, appena appresa la notizia del bimbo, è subito partito dal sud del Paese per raggiungere il villaggio di Rayan. E ha scavato per ore e ore senza fermarsi, a mani nude dopo che un'imponente lavoro di 5 escavatori aveva aperto una voragine che ha permesso di arrivare alla profondità in cui si trovava il bambino. E permesso di realizzare una via di fuga attraverso la posa di tubi che, colocati orizzontalmente, garantivano il passaggio della salvezza.

Chiamava la mamma

Già venerdì sera le operazioni sembravano prossime al recupero del bimbo. Rayan aveva retto abbastanza bene in questi lunghi giorni in cui i soccorritori hanno calato nel pozzo un tubo per fornirgli l'ossigeno. Aveva chiesto dell'acqua, aveva mangiato qualcosa e ascoltato via radio le parole del padre, Khaled, che poi ha raccontato: «Gli ho parlato, respira a fatica» mentre le telecamere che lo hanno raggiunto lo riprendevano fare qualche piccolo movimento e chiamare «mamma».

Il tragico epilogo

Sembrava fatta: Rayan estratto vivo, consegnato all'equipe medica che lo attendeva all'imboccatura del tunnel di collegamento, l'ambulanza che lo portava all'elicottero con cui è stato trasferito in ospedale. Poi un comunicato del gabinetto della Casa Reale del Marocco ha raggelato il Paese e quanti speravano nella salvezza del piccolo: «Il bambino è morto a causa delle ferite riportate durante la caduta». Lo stesso Re Mohammed VI, appresa la notizia della morte del piccolo Rayan, ha telefonato al padre Khaled Oram e alla mamma, Wassima Khersheesh, come reso noto da una nota diffusa in serata dalle autorità marocchine.

Poche parole, quella della nota ufficiale, che negano anche un riscatto della storia a quarant'anni dalla morte del piccolo Alfredino. Che ora, da qualche parte, avrà un altro piccolo amico da consolare e di cui prendersi cura, avendone condiviso la sorte orribile.

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