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È morto Arrigo, uno dei figli di Roberto Vecchioni: «Finalmente è in pace»

Lo ha annunciato sui suoi canali social il cantautore stesso, che per anni ha insegnato a Brescia. Aveva 36 anni
Il cantautore Roberto Vecchioni
Il cantautore Roberto Vecchioni
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«Dopo tanto, tanto dolore, il nostro meraviglioso Arrigo è finalmente in pace. La famiglia chiede silenzio». Con queste parole è stata annunciata, sui profili social del cantautore, la morte del figlio di Roberto Vecchioni. Il cantautore milanese, che ha insegnato al liceo classico Arnaldo in città e al Bagatta di Desenzano, è molto legato alla sponda bresciana del lago di Garda, dove possiede una casa.

Arrigo era il secondo dei quattro figli di Vecchioni, aveva 36 anni ed era nato dal secondo matrimonio del cantautore. La primogenita Francesca è nata dal primo matrimonio con Irene Brozzi, sposata nel 1973, mentre gli altri tre figli dall’unione con la seconda moglie Daria Colombo, sua compagna dall’1981. Il figlio Edoardo due anni fa ha raccontato nel libro «Sclero - Il gioco degli imperatori» la sua malattia, la sclerosi multipla.

Il rapporto di Vecchioni con i figli

Vecchioni, che il 25 giugno compirà 80 anni, ha dedicato alcuni dei suoi brani ai figli. Nel 2016 ha pubblicato l'album «Canzoni per i figli», che conteneva tra le altre «Canzone da lontano», una ninna nanna scritta per Francesca, tratta dall'album «Montecristo», una versione recitata di «Figlio figlio figlio» e una con nuovo arrangiamento di «Un lungo addio», dedicata a Carolina. A Edoardo, Vecchioni ha dedicato, invece, la canzone «Le rose blu». In diverse interviste, il cantautore ha parlato del suo rapporto con i figli, sostenendo che la vita senza figli per lui sarebbe come un deserto. In occasione dell'uscita del libro «La vita che si ama. Storie di felicità», Vecchioni spiegò all'Ansa che ai figli ha sempre «insegnato ostinatamente il gioco e il sogno».

Una «faticaccia tremenda, ma non quanto quella fatta da mia moglie - raccontò - che ha dovuto insegnare loro la realtà. Abbiamo costruito insieme un fortino in cui viviamo non da decrepiti utopisti, non di illusioni, ma di cose che ci salvano la vita quando sembra troppo brutta. Riusciamo a ridere l'uno dell'altro, a prendere le cose con ironia e a volerci bene. Non ho mai visto quattro fratelli così uniti, i miei figli si chiamano tra loro "brothers and sisters" e raccontano tutte le scemate che fa il padre. Questo libro lo hanno voluto loro proprio per capire meglio chi è il loro papà».

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