Italia e Estero

Cos'è la tanatoprassi, il trattamento fatto sulle salme di Ratzinger e Pelè

Permette di mantenere i corpi con cura ed igiene anche per un periodo mediamente lungo
La salma di Benedetto XVI nella camera ardente - Foto Ansa/Fabio Frustaci © www.giornaledibrescia.it
La salma di Benedetto XVI nella camera ardente - Foto Ansa/Fabio Frustaci © www.giornaledibrescia.it
AA

Si chiama tanatoprassi ed è il trattamento di conservazione delle salme che permette di mantenere i corpi con cura ed igiene anche per un periodo mediamente lungo. Si tratta del procedimento con cui vengono conservati non solo i Papi, come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma anche leggende dello sport come Pelè e star dello spettacolo come Luciano Pavarotti ed Enzo Jannacci.

Il massimo esperto italiano della tanatoprassi, nonché presidente dell'omonimo Istituto italiano, è l'abruzzese Andrea Fantozzi. «Il nostro - spiega all'Ansa - è un trattamento che consente di avere una cura altamente igienica, nonché di garantire un aspetto più presentabile dei corpi».

Come funziona

Tecnicamente la tanatoprassi consiste nell'iniezione nel circuito sanguigno della salma di un prodotto innovativo dal nome Fluytan. Si tratta di un sostituto dell'ormai vetusta formalina che - stando a quanto riferito dallo stesso Fantozzi - «presenta caratteristiche tossiche e cancerogene». «Con il nostro nuovo sistema, totalmente innocuo - aggiunge -, riusciamo anche a conservare meglio il Dna. Per questo la tanatoprassi presenta benefici anche nel settore della medicina legale e della polizia scientifica». Grazie a questo trattamento, dunque, è possibile mantenere le salme esposte per più giorni, come capita in questi giorni con la camera ardente del papa Emerito, Joseph Ratzinger, sul quale con ogni probabilità è stata effettuata una procedura meno invasiva, «forse non intravasale», come puntualizza Fantozzi.

Meno invasivo

Il procedimento con cui la tradizione vuole si trattino le salme dei Pontefici, in Italia «non ha ancora un riconoscimento giuridico». «Al momento - spiega Fantozzi - viene utilizzata solo in casi eccezionali. Noi in particolare lavoriamo molto sugli stranieri che muoiono in Italia in attesa del rimpatrio nei loro rispettivi Paesi». Al momento è possibile effettuare un trattamento meno invasivo ed uno con l'iniezione del fluido nel corpo. «In questo modo, contrariamente a quanto avveniva con la formalina - conclude Fantozzi - non c'è neanche la necessità di recuperare tutto il sangue, come avveniva prima».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia