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Consulenti difesa Sempio, 'impronta confusa con segni muro'

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MILANO, 03 LUG - I consulenti della Procura di Pavia, quando hanno attribuito l'ormai nota traccia palmare 33 ad Andrea Sempio, sono caduti in un "pregiudizio interpretativo", operando "in totale disaccordo alle procedure accreditate presso la Comunità scientifica di riferimento". E, in sostanza, hanno confuso per "minuzie", trovandone a loro dire 15 e attribuendo l'impronta a Sempio, quelle che erano "interferenze murarie", segni del muro, e non "strutture papillari reali". Lo si legge nella consulenza di Luciano Garofano e Luigi Bisogno, esperti nominati dalla difesa, coi legali Massimo Lovati e Angela Taccia, del nuovo indagato nel caso Garlasco. L'impronta 33, ossia quella che fu trovata sulla parete destra delle scale verso la cantina in fondo alle quali c'era il corpo di Chiara Poggi, come si legge nelle oltre 60 pagine di relazione, "non presenta un numero sufficiente di corrispondenze valide per consentire l'attribuzione certa all'indagato" Sempio. E mostra "al massimo soltanto 5 punti caratteristici, reali e obiettivamente riscontrabili, che la rendono non utile per i confronti". Per Garofano e Bisogno è "verosimile ritenere che le evidenze erroneamente indicate dai consulenti della Procura siano da imputare a interferenze murarie, non a strutture papillari reali". Nelle pagine tecniche della consulenza gli esperti della difesa si occupano, tra l'altro, proprio di quest'ultimo aspetto, precisando più volte che da parte dei consulenti dei pm pavesi "è interamente mancata" la correttezza dei "metodi di rilevazione e accertamento scientifico". E hanno violato "i protocolli previsti dal metodo di prova validato". E non risulta che "i laboratori di dattiloscopia del Ris, né tantomeno il dott. Caprioli abbiano ricevuto alcuna validazione-accreditamento del percorso analitico utilizzato". Per gli esperti della difesa, in pratica, i consulenti dei pm avrebbero "prima esaminato nel dettaglio" le caratteristiche dell'impronta di Sempio, cosa da "evitare per non rischiare di 'vedere'" delle "minuzie" che "non esistono", e "soltanto successivamente" hanno "cercato le relative corrispondenze, cadendo in un inevitabile pregiudizio". Un lavoro inaffidabile, si legge, "dal punto di vista scientifico". E c'è pure un "errore", sempre secondo Garofano e Bisogno, che è "facilmente verificabile ad occhio nudo": ci sono quattro "minuzie" spostate "verso il lato sinistro del palmo", dove non c'è "reale corrispondenza con le creste papillari" e il tutto con una "forzatura geometrica". Si è cercato, in sostanza, concludono, di farle "coincidere".

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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