Italia e Estero

Carceri: don Rigoldi, 'chiusi per 20 ore in cella è una tortura'

Il presidente della Republica Sergio Mattarella con don Gino Rigoldi durante la sua visita al nuovo Hub di Comunità Nuova, la onlus fondata dallo storico cappellano del carcere minorile Beccaria. Milano, 4 aprile 2017. ANSA/ UFFICIO STAMPA QUIRINALE-PAOLO GIANDOTTI +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++
Il presidente della Republica Sergio Mattarella con don Gino Rigoldi durante la sua visita al nuovo Hub di Comunità Nuova, la onlus fondata dallo storico cappellano del carcere minorile Beccaria. Milano, 4 aprile 2017. ANSA/ UFFICIO STAMPA QUIRINALE-PAOLO GIANDOTTI +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++
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MILANO, 18 APR - "Questa si chiama tortura, è una cattiveria". Così Don Gino Rigoldi, per oltre 50 anni cappellano del carcere minorile Beccaria, ha definito la "terribile circolare" sulle chiusure dei reparti di media sicurezza entrata in vigore da qualche mese secondo la quale, "se non c'è attività, si sta in cella per 22 ore, con il rischio che la gente diventa matta quando è così compressa". Don Gino ha partecipato, a fianco di magistrati, avvocati e del garante dei detenuti del Comune di Milano Francesco Maisto, al sit in organizzato sullo scalone del palazzo di Giustizia per chiedere ai parlamentari e al ministro Carlo Nordio di intervenire al più presto per fermare i suicidi negli istituti penitenziari italiani che, dall'inizio dell'anno, sono 32. Don Gino, che pur non essendo più il cappellano del Beccaria continua la sua attività per aiutare i giovani 'difficili', parlando a margine della manifestazione, oltre ad aver commentato la circolare sulla chiusura delle celle, ha parlato dei suoi progetti. In particolare sta cercando sponsor e strutture per aprire, sul "modello delle 'jeunes maisons' che ho visto in Francia delle comunità in cui i ragazzi", usciti dal carcere, "possano anche partecipare ad attività culturali, sportive. Ora ci sono i monolocali, ma chi va lì è un po' triste".

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