Bloccati in Brasile da settimane: «Mattarella, facci tornare»
L’unica speranza è un placet del ministro Speranza. Sono 1.500 i cittadini italiani bloccati in Brasile dopo l’ordinanza del ministero della Salute, che ha interdetto i voli dal Paese sudamericano dove si è manifestata una nuova variante di Covid 19. Il provvedimento, emanato lo scorso 15 gennaio, aveva inizialmente scadenza il 30 dello stesso mese, ma è stato prorogato fino al 15 febbraio. Almeno per ora.
Ad annunciarlo il ministro stesso: «Ho firmato una nuova ordinanza che proroga il blocco dei voli in partenza dal Brasile e il divieto di ingresso in Italia di chi negli ultimi 14 giorni vi è transitato. Manteniamo l’approccio della massima prudenza mentre i nostri scienziati continuano a studiare le varianti Covid».
Senza assistenza. Ma la decisione non è andata giù ai tanti italiani che non possono fare rientro a casa, per questo è stata inviata una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «L’ordinanza in questione - scrive il rappresentante del gruppo di italiani bloccati in Brasile Sergio Velloso - va contro le linee guida dell’Unione Europea, viola la Costituzione italiana e l’articolo 13 dei diritti umani universali: ogni cittadino ha il diritto di ritornare al proprio Paese. Purtroppo per gli italiani non si può fare una previsione di rientro, sono abbandonati in Brasile, senza assistenza, dato che l’ambasciata e i consolati dicono, quando rispondono, di non poter fare altro. Alcuni casi sono anche gravi - aggiunge Velloso - bambini che rischiano di perdere l’anno scolastico, famiglie separate, persone affette da malattie che hanno bisogno di farmaci specifici e cure mediche, persone minacciate di essere licenziate se non tornano al lavoro. Lasciare queste persone, alcune in situazione di disagio, in un Paese ad alto rischio contagio è un abbandono crudele. In Brasile rischiano effettivamente di contagiarsi e poi di dover perire sotto la malasanità che aggrava le condizioni di questo Paese».
La richiesta. In sostanza, vorrebbero che il ministro Speranza modificasse l’ordinanza che porta il suo nome per inserire l’eccezione per i cittadini italiani residenti in Italia e che ora si trovano in territorio brasiliano. «Poter rientrare a casa in sicurezza - chiedono -, con obbligo di tampone e quarantena, come hanno fatto gli altri Stati europei con i propri cittadini». Per ora da Roma tutto tace: il ministro della Salute Roberto Speranza ha fatto sapere tramite il suo portavoce che non intende rilasciare dichiarazioni sull’argomento. Ma a parlare sono stati i bresciani che aspettano solo un volo di rientro.
Come Juliana Caravalho, nata in Brasile e residente in Valcamonica dal 2006: «Se avessi potuto - spiega al telefono - avrei evitato questo viaggio, ma sono stata costretta da gravi problemi personali. Ho raggiunto i miei genitori a San Paolo, insieme alla mia bambina. Siamo arrivate il 9 dicembre e per la prima volta dopo 14 anni ho trascorso il Natale nella mia famiglia di origine, convinta di ripartire a inizio febbraio. La preoccupazione maggiore è per la bambina, che ha cominciato quest’anno la scuola primaria: gli accordi presi con le maestre e la preside non tenevano in conto un’assenza così prolungata... Mi chiede ogni giorno quando torniamo, le mancano i compagni». E la vita in Brasile, dove gli ultimi dati parlano di oltre 77mila contagiati in un solo giorno, non è certo facile: «Stiamo sempre chiuse in casa - racconta Juliana - evitiamo ogni possibile contatto. Anche qui c’è la divisione per colori e fino alla scorsa settimana era tutto chiuso, tranne i servizi di prima necessità».
Abbandonati. Tuttavia, dice il desenzanese Gilberto Sozzi, la situazione non è tragica come viene descritta: «La quotidianità è simile a quella dell’Italia. Di fatto l’alto tasso di mortalità si è verificato in Amazzonia, a quattro ore da Fortaleza, dove mi trovo. Sono arrivato con mia moglie Andrea perché dovevamo assolutamente sistemare una questione ereditaria. Per fortuna non abbiamo avuto problemi a prolungare il soggiorno, ma ci sono tante persone rimaste senza soldi. Mi sento abbandonato dalla mia nazione».
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