Italia e Estero

Al Nord le mafie sono ormai diventate parte del sistema

Non c'è regione del Nord Italia immune dai fenomeni mafiosi. La Dia denuncia «una mancanza di allarme sociale» sul tema
Un arresto compiuto dagli agenti dell'antimafia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Un arresto compiuto dagli agenti dell'antimafia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Dalla Liguria al Veneto, dalla Valle d'Aosta al Friuli Venezia Giulia, passando per la Lombardia. I tentacoli della criminalità organizzata si allungano anche sul Nord Italia, dove il fenomeno non è più limitato alle cosiddette infiltrazioni, ma è ormai diventato sistema

A rivelarlo, nero su bianco, è l'ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia, le cui conclusioni evidenziano «una mancanza di allarme sociale» che «sembra aver anestetizzato la coscienza collettiva rispetto alla pervicacia delle mafie, loro sì interessate, dal Meridione, a trapiantare proprie succursali nelle aree più ricche del Paese». 

Proprio su questo ha posto le propria fondamenta la criminalità organizzata, con cosche e clan presenti in ogni regione del Nord Italia. Basti pensare che circa un quinto delle aziende italiane che sono state interdette nel 2018 avevano la loro attività proprio nel settentrione dove è stato eseguito il maggior numero di operazioni finanziarie sospette, il 46,3% (nel Sud il 33,8%). 

«Le ragioni di questo sbilanciamento - spiega la Dia - vanno rintracciate innanzitutto nel fatto che gli investimenti effettuati dalle mafie nelle aree più produttive del Paese vengono realizzati, nella maggior parte dei casi, attraverso dei prestanome. Una mafia latente che potrebbe, in prospettiva, manifestarsi con caratteri più evidenti». Secondo la relazione, «al Nord, ma anche al Centro Italia, le mafie autoctone stanno cambiando pelle, insinuandosi sempre più nel mondo della finanza». Ma non solo. Le inchieste condotte dalle forze dell'ordine hanno messo in luce anche un «livello di omertà che pervade alcuni territori» con «l'avvicinamento del politico di turno o di imprenditori ai mafiosi calabresi per soddisfare un proprio interesse contingente».

 La mappa delle locali di 'ndrangheta presenti al Nord non risparmia praticamente nessuna regione dell'area occidentale: Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria e Lombardia, come dimostrano anche le inchieste condotte a Brescia, in cui si evidenzia la facilità con cui gli uomini della criminalità organizzata arrivano a intrattenere rapporti con imprenditori, consulenti, professionisti e prestanome. Presenti al nord anche clan mafiosi di spicco, come Laudani che è riuscito a infiltrarsi in alcuni settori chiave dell'economia locale lombarda come quelli dei servizi di security e della grande distribuzione.

Diversa la situazione nelle altre regioni. In Trentino Alto Adige, regione che nell'ultimo quinquennio ha fatto registrare una crescita tripla rispetto alla media nazionale, è stata rilevata la presenza di soggetti contigui alla criminalità organizzata - in particolare ’ndranghetisti - «che tuttavia mantengono un basso profilo per non attirare eccessiva attenzione sulle loro attività di investimento di capitali». 

Situazione analoga in Veneto dove la Dia registra una «silente infiltrazione mafiosa del territorio, operata con la cosiddetta strategia di «sommersione», ossia evitando qualsiasi forma di manifestazione violenta tipica di queste organizzazioni». Un «territorio evidentemente esposto all'interesse delle consorterie criminali» è anche il Friuli Venezia Giulia, dove si registra una «silente azione di infiltrazione nell'economia legale». 

 

 

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