Italia e Estero

Affluenza al voto: i bresciani campioni storici (e oggi in frenata)

Una panoramica sulle percentuali di persone ai seggi dal 1946 al 2018, in previsione delle elezioni politiche del 25 settembre
Code di persone in occasione delle elezioni politiche regionali del 2018 - © www.giornaledibrescia.it
Code di persone in occasione delle elezioni politiche regionali del 2018 - © www.giornaledibrescia.it
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La parola «astensionismo» non è praticamente esistita in Lombardia (né nel Bresciano) dal 1948 al 1979. L’affluenza alle urne nella nostra regione è sempre stata (e lo è tuttora) superiore alla media nazionale. Il «record negativo» fu raggiunto alla Costituente, nel 1946, quando votò «solo» il 91,2% (a Milano l’85,7%, nel complesso del Paese l’89,1%), ma già nelle combattutissime elezioni politiche del 1948 restarono a casa appena 252mila persone su 4,2 milioni (il 5,9%, per un’affluenza regionale del 94,1%).

Le tendenze del secolo scorso

La stabilizzazione del sistema politico accentuò il carattere di «rito di massa» della partecipazione elettorale, in particolare per alcune regioni, fra le quali la Lombardia: i votanti crebbero dal 95,8% del 1953 al 96,8% del 1972. Praticamente non andavano ai seggi solo le persone che erano impossibilitate a farlo. Anche a Milano (dove tradizionalmente una piccola fetta di non votanti esprimeva un «voto di protesta» o di disaffezione) si passò dal 94,1% di affluenza del 1953 al 95,7% del 1972. Livelli elevatissimi, praticamente plebiscitari. E anche la nostra provincia si è sempre mossa in piena sintonia con il resto della regione.

Negli anni Settanta, però, nonostante la battaglia fra Dc e Pci del 1976 (che mobilitò le masse a favore di uno o dell’altro partito, lasciando ai «terzi incomodi», in Lombardia, poco più del 22% dei voti), si registrò un lieve aumento della tendenza a disertare le urne: ma si trattava di piccole «scosse» (ancora nel 1979, quando i giornali nazionali scoprivano l’astensionismo, la Lombardia era a livelli record, col suo 94,9% di affluenza e il 93,4% a Milano).

Poi venne la crisi della Dc del 1983, ma più in generale la tendenza ad un certo disimpegno che si fece strada negli anni Ottanta e durò fino alle politiche del 1994 (le prime della Seconda Repubblica) quando in Lombardia i votanti furono il 92% (l’88,8% a Milano). Di fronte ad una tendenza nazionale che ormai era chiara e inarrestabile, la nostra regione «resisteva» nelle tre elezioni politiche successive, quando la percentuale degli aventi diritto al voto che esercitavano il proprio diritto oscillava fra l’86,5% (2001) e l’89,1% (1996), con Milano fra l’82,4% (2001) e l’85,6% (1996).

Dagli anni 2000

La diga della tradizione e del «rito collettivo» lasciò rapidamente il passo, prima con le elezioni del 2008, poi in modo sempre più netto con quelle del 2013 e 2018, ad un crollo della partecipazione. In regione si passò dall’84,6% del 2008 al 76,8% del 2018; a Milano, dall’80,7% del 2008 al magro 73,3% del 2018. In pratica, il dato della capitale lombarda tendeva ad avvicinarsi se non a sovrapporsi con quello nazionale (che nel 2018 è stato del 72,9%).

La «diversità» della regione si è dunque attenuata, ma non è scomparsa. È probabile che - date le tendenze storiche - anche stavolta la Lombardia sia nella parte alta della classifica dell’affluenza. Ma i tempi d’oro del «rito collettivo» sono molto lontani.

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