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Addio a Gianni Minà, morto a Roma ad 84 anni: grande narratore del Novecento

Giornalista, scrittore e conduttore tv, intervistò Fidel Castro come Maradona, Che Guevara e Muhammad Alìham
Gianni Minà, morto a 84 anni - Foto tratta da Instagram
Gianni Minà, morto a 84 anni - Foto tratta da Instagram
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È morto Gianni Minà. Giornalista, scrittore e conduttore televisivo di primissimo piano, aveva 84 anni e si è spento a Roma dopo una breve malattia.

Nella sua lunga carriera - oltre 60 anni -, la sua firma è apparsa su alcuni dai più importanti quotidiani e settimanali italiani ma non solo. Centinaia i reportage della Rai che furono realizzati dal giornalista originario di Torino, dove era nato nel 1938.

Interviste e tv

Negli anni fu autore di documentari dedicati a icone del Novecento, da Che Guevara a Fidel Castro, da Maradona al Subcomandante Marcos, passando per Muhammad Ali e Silvia Baraldini. Dagli incontri con alcuni di questi personaggi ormai entrati nella storia sono scaturiti interviste e reportage divenuti celebri. Più di tutti, gli valse fama l'intervista durata 16 ore a Fidel Castro

Autore di svariati libri incentrati sull'America Latina, fu fin dagli esordi anche valente cronista sportivo e conservò la passione per il calcio e i suoi protagonisti per tutta la carriera. Nel 1978 fu espulso dall'Argentina per aver posto domande sui desaparecidos durante i Mondiali di quell'anno.

In televisione realizzò trasmissioni innovative (tra le tante Blitz), che gli valsero nel 1981 il Premio Saint Vincent consegnatogli dal presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Controcorrente

«Mi hanno sempre attratto persone capaci di andare controcorrente, anche a costo dell'isolamento, della solitudine.  - raccontava. - Persone capaci di raccontare storie, di mostrare visioni altre. E inevitabilmente hanno acceso la mia curiosità, perché, come diceva il mio amico Eduardo Galeano, capace di raccontare la storia dell'America Latina attraverso racconti ironici e apparentemente non importanti, fatti di cronaca, «il cammino si fa andando», non sai mai dove queste storie ti possano portare. È il bello della vita, tutto sommato». 

Quanti incontri

L'incontro più bello? «Quello con Muhammad Alì, il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All'inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero e enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: 'Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere... tutti. Solo noi, solo i neri  l'America non hanno una terra di riferimento". Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso».

Il personaggio che avrebbe voluto incontrare senza riuscirci? «Sicuramente Nelson Mandela, ci siamo rincorsi: una volta non potevo io, una volta non poteva lui. E l'ho perso, come ho mancato l'intervista a Marcello Mastroianni, una persona gentile e ironica». Cosa avrebbe fatto se non fosse diventato il giornalista? «Sono nato giornalista, lo sono stato, lo sono e lo sarò», aveva sottolineato un anno fa, in occasione della presentazione al Bif&st del docufilm «Gianni Minà - Una vita da giornalista».

La scomparsa

«Gianni Minà ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall'amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità». Con questo messaggio condiviso sulla sue pagine social si annuncia la morte di Minà.

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