Rage bait, la miccia della rabbia e le parole che fanno male

Per l’Oxford English Dictionary la parola del 2025 è stata «rage bait». L’«esca della rabbia» rappresenta un fenomeno in cui siamo immersi da tempo attraverso i nostri piccoli schermi e del quale non (tutti) siamo (sempre) consapevoli: si tratta di contenuti online creati ad hoc per provocare rabbia o indignazione.
L’humus in cui il rage bait prolifera sono, manco a dirlo, i social media: l’obiettivo dichiarato è quello di aumentare il traffico o l’interazione. Come? Scorticando la pelle, pungendo sui nervi scoperti, muovendo i fili di marionette che non sono altro che utenti. O meglio, clienti.
Vi fanno ricorso anche diversi organi di informazione e questo è l’aspetto più inquietante della faccenda perché ognuno rompe codici etici per aumentare il traffico sui propri spazi, credendo di servirsi dei colossi del web quando in realtà sono loro ad arricchirsi a dismisura. Ma, soprattutto, il «rage bait» è una miccia. Capace di risvegliare istinti e innescare violenza. Ad invocare la morte altrui e ad incitare all’odio non si batte più ciglio. «Viva la libertà!».
Nel 2024, l'Oxford Dictionary aveva nominato parola dell’anno «brain rot» («marciume cerebrale»): in fondo la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo sono solo convenzioni.
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