Niente MotoGp a Valencia: ragione oltre il business

Abituati come siamo alla polarizzazione dell’opinione pubblica su qualsiasi tipo di decisione presa, dalla politica allo sport, quasi non è parso vero assistere all’applauso unanime sulla scelta di cancellare il Gran premio di MotoGp in programma tra due settimane a Valencia, in seguito all’alluvione che ha provocato oltre 200 vittime.
Del resto, forse il motivo di tale unanimità risiede nell’oggettiva correttezza della decisione. Peraltro non scontata, quando in ballo c’è un «circo» con una chirurgica programmazione dei trasferimenti e che genera un certo ritorno economico (l’ultimo gp dell’anno, per esempio, contò a Valencia 195mila spettatori nell’intero weekend).
Insomma è apprezzabile la scelta della Dorna di non correre mentre la regione è funestata dal fango e dalla distruzione. E ci piace pensare che abbia avuto un peso pure la contrarietà di tanti piloti. Se una cosa è oggettiva, non ci si dovrebbe sorprendere. Ma lo facciamo. E non a caso. Del resto, ancora ci ricordiamo di quando la Uefa, l’11 settembre 2001, nel giorno dell’attacco alle Torri Gemelle che cambiò la storia dell’umanità, non s’arrischiò a sospendere la prima giornata dei gironi di Champions. Piegandosi scriteriatamente al business.
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