In poche parole

Ceci, spighe e pagnotte di guerra

La filologia di guerra passa anche dal cibo, matrice culturale e linguistica profonda
Il nuovo missile balistico di produzione ucraina si chiama «Palianytisia», «pagnotta» - Foto/Pexels
Il nuovo missile balistico di produzione ucraina si chiama «Palianytisia», «pagnotta» - Foto/Pexels
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Kiev ha annunciato un missile balistico di produzione ucraina, il «Palianytisia», ossia «pagnotta». Poco marziale come nome. C’è un perché. La nuova arma strategica rende infatti omaggio ad altra arma, linguistica, adottata dai soldati di Zelensky: i russi infatti non sanno pronunciare correttamente «palianytisia», parola così usata per riconoscere gli infiltrati di Mosca.

La pagnotta di Kiev è insomma tra quelli che i linguisti chiamano «shibboleth», termini dai suoni ostici per chi non è madrelingua. La definizione si deve alla Bibbia: shibboleth, «spiga» in ebraico, era la parola usata dai Galaaditi (popolo dell’odierna Giordania) per smascherare gli Efraimiti. Per il Libro dei Giudici ne furono così identificati e uccisi 42mila.

Nei secoli si è fatto ampio ricorso a questa filologia di guerra: nel ’900 il caso più noto è forse il «Massacro del Prezzemolo» (1937), in spagnolo «perejil», con cui i dominicani di Trujillo scoprivano gli haitiani francofoni. Pure in Italia si attestano due episodi: il siculo «ciciri», ceci, pare fu dirimente durante i Vespri siciliani per individuare gli Angioini (francesi). Gli stessi ceci, ma in salsa sarda (cixiri), tornarono buoni a fine ’700 nei moti cagliaritani per riconoscere i Piemontesi.

Password nostrane che hanno spesso a che fare col cibo, matrice culturale e linguistica profonda. Qui alla base dell’applicazione più cruenta del «parla come mangi».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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