Comunicato Stampa: “Nella vasca da bagno del tempo”, dove il dolore diventa spazio narrativo

“Nella vasca da bagno del tempo”diAlba Amorini, pubblicata dalGruppo Albatros il Filo, è un’opera che si colloca consapevolmente in una zona di confine tra narrazione autobiografica, romanzo di formazione emotiva e scrittura testimoniale, scegliendo come asse portante non l’azione, mala durata del sentire. Il libro non procede infatti secondo una progressione narrativa tradizionale, ma attraverso una stratificazione di percezioni, ricordi e immagini in cui il tempo non è mai lineare. Fin dalle prime pagine è chiaro che l’evento che apre la storia non è tanto un innesco narrativo quanto un punto di non ritorno, una frattura che ridefinisce retroattivamente tutto ciò che è stato e proietta un’ombra persistente su ciò che verrà.
Amorini rinuncia a qualsiasi tentazione di spettacolarizzazione del dolore e affida alla scrittura il compito più complesso:abitare la ferita senza cercare di chiuderla. Serena non racconta per spiegare, ma per restare, per trattenere ciò che altrimenti scivolerebbe via insieme ai giorni, ai gesti, agli spazi domestici improvvisamente svuotati di senso. Significativo è il rapporto tra interiorità e ambiente: Roma non è semplice sfondo, mapresenza viva e cangiante, capace di riflettere lo stato emotivo della protagonista e, allo stesso tempo, di opporvisi. Il caos urbano, la periferia, i luoghi del lavoro e quelli dell’intimità diventano superfici sensibili su cui si deposita la memoria. La città è amata e attraversata, mai idealizzata, descritta come organismo che accoglie e respinge, che consola e disorienta. In questa relazione costante tra spazio e sentimento, il testo costruisce unageografia emotivain cui ogni luogo è carico di risonanze, anche quando viene nominato con apparente semplicità.
Il lavoro, il bar, i turni all’alba, la ritualità del caffè non sono elementi marginali, ma parte integrante della struttura narrativa. Attraverso la quotidianità lavorativa, Amorini restituisce con precisione il contrasto tra l’automatismo dei gesti e il tumulto interiore, mostrando come la vita continui a chiedere presenza anche quando l’anima è altrove. È proprio in questa frizione che il libro trova uno dei suoi nuclei più autentici:la necessità di funzionare mentre si è spezzati, di rispondere alle richieste del mondo mentre il tempo personale si è fermato.
La casa, e in particolare il bagno, assumono progressivamente un valore simbolico sempre più evidente. La vasca non è soltanto uno spazio di ristoro o isolamento, ma diventaluogo di sospensione, zona franca in cui il tempo può essere momentaneamente disinnescato. È lì che il passato riaffiora senza mediazioni, che i ricordi si presentano con una forza sensoriale quasi fisica, che il corpo diventa archivio di ciò che è stato. L’acqua, elemento ricorrente e stratificato, non ha una funzione purificatrice in senso tradizionale, ma agisce comemedium della memoria, permettendo alla protagonista di immergersi letteralmente nel tempo vissuto.
Sul piano stilistico, la scrittura di Amorini alterna una prosa piana, aderente al quotidiano, a momenti di maggiore densità lirica, senza mai forzare il passaggio. Questa oscillazione rispecchia fedelmente il movimento interiore della protagonista: quando il dolore è contenuto, la lingua si fa più narrativa; quando invece prende il sopravvento, il testo rallenta, si frammenta, si carica di immagini e ripetizioni. Non si tratta di un difetto di misura, ma di unascelta coerente, che accetta la ridondanza come forma espressiva del trauma.
Un elemento centrale dell’opera è la riflessione sull’amore, inteso non come esperienza idealizzata, ma comeforza che espone, che rende vulnerabili proprio nel momento in cui promette protezione. La relazione al centro del libro non viene raccontata secondo una cronologia sentimentale classica, ma attraverso tracce, ritorni, scarti improvvisi. L’assenza non cancella l’amore, lo trasforma in presenza altra, in dialogo interiore costante, in misura con cui Serena continua a confrontarsi. Amorini evita qualsiasi forma di sentimentalismo facile e sceglie invece di mostrare come l’amore sopravviva nella memoria, nel corpo, nei dettagli apparentemente insignificanti.
Con il procedere del testo, “Nella vasca da bagno del tempo” accentua sempre più la propria natura riflessiva, trasformando la narrazione in unprocesso di scavopiuttosto che in un racconto orientato alla risoluzione. La seconda parte dell’opera abbandona definitivamente qualsiasi aspettativa di linearità e si affida a una struttura fatta di ritorni, sospensioni e improvvise immersioni nel passato, come se il tempo, anziché guarire, continuasse ariproporre le stesse domande sotto forme diverse. È in questa sezione che il libro mostra con maggiore chiarezza la sua coerenza interna: ogni frammento non aggiunge informazioni, ma approfondisce uno stato, rendendo il dolore non più evento, ma condizione.
La memoria amorosa viene trattata con una delicatezza che evita sia l’idealizzazione sia il risentimento. L’altro non è mai trasformato in figura colpevole o mitizzata, ma restapresenza ambigua, insieme rifugio e ferita. Amorini riesce a rendere con efficacia quella forma particolare di legame che sopravvive alla fine, quando l’amore non ha più un interlocutore reale ma continua a esistere come dialogo interiore, come abitudine emotiva difficile da disinnescare. In questo senso, il libro lavora molto sul concetto dipersistenza, mostrando come certi legami non si spezzino con un evento preciso, ma continuino ad agire..
Il corpo assume un ruolo sempre più centrale nella narrazione. Non è soltanto il luogo in cui il dolore si manifesta, ma diventastrumento di conoscenza, superficie sensibile attraverso cui il tempo viene percepito. La stanchezza, l’insonnia, il freddo, l’acqua calda, i gesti ripetuti sono tutti elementi che concorrono a costruire una scrittura profondamente incarnata. Serena non pensa il dolore, lo sente, e la lingua si adegua a questa esperienza, rinunciando spesso alla spiegazione per affidarsi alla sensazione. È proprio questa attenzione al corpo che impedisce al testo di scivolare nell’astrazione o nell’autocommiserazione.
L’autrice affronta il tema del tempo senza mai renderlo concetto astratto: è qualcosa che si misura attraverso l’attesa, la ripetizione, l’incapacità di andare avanti. Non è un alleato né un nemico, ma unadimensione instabilecon cui la protagonista deve continuamente negoziare. La vasca diventa così il luogo simbolico in cui il tempo può essere temporaneamente sospeso, non per fuggire, ma per guardare in faccia ciò che fa più male.
Nelle pagine finali, il libro non offre una vera conclusione, ma una forma di assestamento provvisorio. Non c’è catarsi, né superamento definitivo, ma una consapevolezza nuova: quella di poter restare nel tempo senza esserne travolti. Serena non esce trasformata in senso narrativo tradizionale, maleggermente spostata, come se avesse imparato a convivere con la propria ferita senza identificarvisi completamente. È una chiusura coerente con l’intero impianto dell’opera, che rifiuta le soluzioni nette e preferisce lasciare il lettore in uno spazio di risonanza.
“Nella vasca da bagno del tempo” è un libro che chiede attenzione, ascolto e disponibilità alla lentezza. Non si legge per sapere cosa accadrà, ma percondividere un attraversamento, per riconoscere nei gesti minimi e nei pensieri circolari qualcosa di profondamente umano. Alba Amorini firma un’opera che non ambisce a essere consolatoria, ma autentica, che riesce a parlare a chiunque abbia sperimentato l’assenza, la difficoltà di abitare il tempo dopo una frattura. Un’opera che non pretende di insegnare, ma di restare, come l’acqua calda di una vasca, intorno a un corpo che prova a respirare di nuovo.
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