Comunicato Stampa: “Il riflesso”, un romanzo storico visionario che interroga l’enigma del doppio

Fin dalla notte dei tempi, lospecchioha esercitato una fascinazione ambivalente: può essere riflesso fedele o portale per l’illusione, il segno del confine tra il visibile e l’invisibile. In Platone, il riflesso era l’ombra imperfetta del mondo delle Idee, e solo il filosofo, sollevando il velo dell’apparenza, poteva cogliere la verità. In ambito religioso, soprattutto nella tradizione cristiana, lo specchio è stato interpretato come simbolo della vanitas, dello sguardo che si perde nel sé e rischia l’idolatria dell’immagine. Ma è anche, nella “speculum charitatis” cistercense, un’immagine del cuore purificato, nel quale può riflettersi Dio. La letteratura, dal canto suo, ha moltiplicato all’infinito i significati del riflesso: da Alice attraverso lo specchio fino alla Lettera rubata di Poe, passando per Borges e i suoi labirinti di specchi, l’immagine riflessa è sempre anche una soglia.
Il nuovo romanzo diMatteo Traballoni,“Il riflesso” (Gruppo Albatros il Filo), si innesta con singolare audacia in questo solco archetipico. Tutto è riflesso, tutto è sdoppiato: la realtà e la sua copia deformata, l’identità e il suo doppio, il mondo esterno e quello interiore. La struttura stessa della narrazione appare come costruita secondo una logica riflessiva, laddove ogni evento ha un’eco e un controcanto. Il riflesso è selettivo, perturbante, spesso inquietante: specchiandosi in esso, siamo costretti a chiederci: ciò che vedo è reale o è solo il riflesso di un desiderio, di una paura, di una menzogna ben costruita?
La Serenissima, spettacolare teatro del romanzo, è per antonomasia città di maschere e nebbie: l’autore ambienta le vicende diZorzi, il giovane protagonista, nel pieno splendore della Repubblica, quando la città era una potenza mercantile e un crocevia culturale, ma anche una superpotenza diplomatica. È nel respiro ampio delle galee e nel silenzio delle calli che prende forma ildramma familiareche innescherà la narrazione.
Traballoni inserisce l’espediente narrativo delcommercio degli specchi, prodotto raro e ambìto, tanto da scatenare rivalità e peregrinazioni. Proprio in una miniera inTerra Santa, luogo remoto e popolato di leggende, Zorzi scoprirà una verità che l’Europa razionale non avrebbe potuto sopportare. Gerusalemme è frontiera del sacro e del profano, terra biblica e teatro di ombre, spazio reale e mentale dove l’identità si disgrega. Nella miniera l’autore compie un gesto dirompente: spezza l’asse del realismo e introduce l’allucinazione come nuova legge. Il mondo diventa rifrazione e vertigine.
Al centro del romanzo si muove una famiglia spezzata, paradigma di un potere che non riesce più a garantirsi la sopravvivenza per via ereditaria. Zorzi, figlio di un mercante, si ritrova orfano del padre, di cui riceve non tanto un patrimonio quanto unenigma. Il vero padrone di casa è ora lo zio, che gestisce i commerci con astuzia e risolutezza, mentre i fratelli vengono spediti in terre lontane per portare avanti un’eredità che somiglia più a una condanna.
Zorzi, ultimo dei figli eppure unicodepositario del dubbio, decide di disertare il ruolo assegnato. Compie così un gesto eversivo, dettato dal desiderio di ottenere risposte e non separarsi dai fratelli. Scopre, man mano che si inoltra nel cuore oscuro del Mediterraneo, che il potere patriarcale è ormai logoro, incapace di generare senso. In questa crisi della famiglia si specchia la crisi dell’intera civiltà veneziana, che assiste al declino del proprio dominio mentre cerca disperatamente di salvare la facciata. Come Zorzi, anche Venezia ha paura di guardarsi davvero, di infrangere lo specchio che ne custodisce la bellezza. Ma il riflesso, una volta intravisto, non può più essere ignorato.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato