Comunicato Stampa: “Formichina”, un libro per l'infanzia che insegna a non misurarsi con lo sguardo degli altri
In un mondo dominato dalla velocità, dal rumore e dall’iperconnessione, tutto quello che ci serve è una favola tenera e preziosa come“Formichina”(Gruppo Albatros il Filo), per ricordarci quanto sia bello rallentare, abbassarci fino quasi a toccare il suolo e scoprire che, proprio lì, tra le zolle d’erba e i sassi coperti di muschio, si svolgono storie epiche. L’universo visto dall’altezza di una formica si trasforma da terreno insignificante a teatro del simbolico. È in questa dimensione del minuscolo che l’autriceLaura Marassocostruisce il suo racconto: un mondo in cui le gerarchie si dissolvono e i ruoli si capovolgono, proprio come nelle grandi narrazioni iniziatiche. La piccolezza diventa, nella sua opera, strumento narrativo e insieme prospettico: ciò che solitamente ignoriamo si rivela portatore di una verità più profonda. In questa discesa nel mondo microscopico, lo spazio ridotto, il tempo circolare, la reiterazione quasi meccanica dei gesti quotidiani divengono metafora dell’esistenza umana, con i suoi timori, i suoi fraintendimenti e il desiderio sempre vivo di essere accolti per ciò che si è. Il formicaio, apparente paradigma di efficienza collettiva, viene raccontato da Marasso ma come un contesto da interrogare:cosa accade quando l’individualità incontra il giudizio del gruppo? Come si sopravvive alla delusione dell’incomprensione?
È qui che entra in gioco lapedagogia dell’anima, di cui si impregna la scrittura di Laura Marasso. La narrazione, infatti, non si limita ad affascinare il bambino, ma si rivolge anche all’adulto, al genitore, all’educatore, suggerendo un percorso di interiorizzazione.
La storia si articola incinque micro-capitolie unepilogo ludico. All’inizio incontriamo Formichina che, entusiasta della sua prima briciola, viene derisa per l’inadeguatezza del bottino. Il suo primo gesto generoso incontra lo sguardo ironico degli altri: in lei nasce il dubbio di non aver fatto la cosa giusta e inizia a non sentirsi all'altezza. Da qui il desiderio di cercare qualcosa di più grande, ma ogni tentativo di farsi vedere “utile” finisce per ritorcersi contro di lei. Nemmeno il bottino finale raccolto con coraggio sfugge al giudizio: “vuoi solo metterti in mostra”, le dicono. Formichina allorasceglie la solitudinecome difesa. È in quel momento che entra in scena la Vecchia Formica, figura archetipica del saggio che non giudica, ma ascolta. Le sue parole aprono una breccia nel cuore di Formichina e, attraverso di esse, si compie un passaggio importante: la verità non sta nel consenso, ma nella coerenza tra ciò che si sente e ciò che si fa. Quando l’inverno finisce e la primavera riporta la vita nel formicaio, infatti, per Formichina tutto cambia.
Il senso del libro si posiziona nelconflitto tra l’individuo e il gruppo, che si colora delle tinte subdole e insidiose dell’esclusione. Laderisionee ilgiudizioreiterato plasmano infatti il comportamento, fino a far credere a chi lo subisce di essere sbagliato. Laura Marasso traduce così, in forma narrativa, un’esperienza emotiva che interessa tutti, bambini e adulti: la dissonanza tra ciò che si è e ciò che gli altri si aspettano che tu sia. Il giudizio del formicaio, rappresentazione allegorica del conformismo sociale, è implacabile, allora Formichina inizia a dubitare, si affatica e si mette alla prova, ma qualunque cosa faccia, è sempre troppo o troppo poco, mai giusto. L’atto finale racchiude invece il gesto di chi non vuole più deludere nessuno. È qui che la fiaba acquisisce un significato educativo ancora più forte, perché non conduce vendetta. Al contrario, è nel gesto privato che si annida il germe della trasformazione.
L’anziana formica è il Saggio, colui che parla poco ma con chiarezza per riportare l’individuo al centro del proprio sentire. La morale che attraversa la fiaba è una direzione:fare le cose con il cuore è l’unico criterio etico riconosciuto. Nessun premio, nessun castigo: solo una scelta da compiere per rimanere coerenti con sé stessi. La gentilezza che salva non chiede qualcosa in cambio, ma si compie come atto naturale. Così, il ritorno al formicaio è anche un modo per riconoscere sé stessi, finalmente senza maschere.
Lo stile di Laura Marasso è misurato, musicale, calibrato su un registro che sa parlare a più età. È una scrittura semplice, ma intagliata con cura, in cui anche il lessico favorisce un’intimità narrativa che rassicura. La voce narrante accompagna chi legge con la stessa dolcezza di un genitore che racconta. È questa intonazione lieve ed empatica a rendere Formichina una fiaba che si incastra tra le pieghe del cuore, perché non chiede di cambiare il mondo, ma di guardarlo con occhi nuovi.
Formichina dimostra chesi può educare senza mai spiegare.Non c’è, in queste pagine, nessun personaggio che predichi o che proponga una lezione recitata dall’alto. La sapienza, se così la si può chiamare, si trasmette per osmosi, attraverso i gesti, gli sguardi e talvolta addirittura i silenzi. Il bambino che legge o che ascolta leggere diventa un co-autore del significato: completa ciò che non viene detto e interpreta ciò che viene soltanto suggerito, anche grazie al supporto delle colorate illustrazioni dell’autrice che impreziosiscono il libro.
Il gioco finale, un invito esplicito acolorare, immaginare, continuare la storia, è la conferma di questa poetica della fiducia nell’intelligenza infantile: l’autrice non chiude il cerchio, ma ne lascia aperto uno nuovo, dove ogni lettore può tracciare il proprio percorso. Un finale partecipativo, dunque, che non scioglie i nodi, ma invita a tornarci sopra con occhi diversi.
In questo senso, Formichina si colloca all’interno della letteratura per l’infanzia che rifiuta gli stereotipi e lavora sulla profondità. La sua vicinanza con opere come Pezzettino di Leo Lionni è evidente: anche lì, un piccolo frammento cerca il proprio posto nel mondo, interrogandosi su identità e appartenenza. Come Il punto di Peter H. Reynolds, anche Formichina ci insegna che il valore non è nella misura dell’opera, ma nell’atto stesso di compierla. Sono fiabe contemporanee che insegnano a disobbedire al culto della prestazione, a sottrarsi al paradigma dell’efficienza. In una società che premia chi primeggia e dimentica chi si ferma, Formichina afferma un’altra possibilità: quella del fare e dell’essere nonostante tutto, dell’aiutare senza essere visti. È una pedagogia dell’inclusione che non si limita a nominare la diversità, ma la mette in scena come occasione di crescita per tutti.
Così, quando Formichina emerge da dietro il suo sasso, non è diventata una piccola eroina:è cresciuta, pur rimanendo sé stessa. Ha imparato a vedersi da dentro, non più attraverso lo sguardo degli altri, non cambia il mondo, ma cambia il suo modo di guardarlo e questo è il gesto più rivoluzionario che la letteratura per l’infanzia possa compiere. Non infantilizza, non edulcora: affina la vista e allena all’empatia. Insegna a camminare piano, a portare il proprio peso senza vergogna e a fidarsi della propria direzione anche quando nessuno applaude.
C’è una dolcezza feroce, in questo piccolo libro. Una verità che non pretende di essere assoluta, ma che si fa spazio nel lettore come un seme nel terreno. Lo si chiude, "Formichina", e si resta un po’ in silenzio. Perché anche noi adulti, forse, ci siamo nascosti dietro un sasso, almeno una volta.
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