Economia

Zootecnia bio a rischio: per la Ue è una questione di dimensioni

La direttiva europea mette un limite di grandezza ai nostri allevamenti
Le associazioni di categoria hanno sollecitato il Governo italiano ad intervenire - © www.giornaledibrescia.it
Le associazioni di categoria hanno sollecitato il Governo italiano ad intervenire - © www.giornaledibrescia.it
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È auspicabile che la proposta di revisione della direttiva europea che va a colpire pesantemente la zootecnica biologica sia profondamente rivista perché penalizza tutto il settore zootecnico; tanto che le organizzazioni agricole hanno mosso i passi verso un intervento del Governo italiano, nella direzione già assunta dal Governo francese, di revisione fin dai prossimi passaggi dell’iter legislativo in atto a Bruxelles.

Per ridurre i livelli di inquinamento la Commissione europea ha infatti pubblicato la proposta di revisione che prevede l’ottenimento di specifiche autorizzazioni ambientali dalle autorità nazionali per gli impianti industriali altamente inquinanti in modo da limitare le emissioni inquinanti e la proposta presentata amplia l’ambito di applicazione anche alla zootecnia biologica.

Lo scenario

Nel contesto dell’evidente emergenza sulla sicurezza e autosufficienza alimentare per l’Italia e l’Europa aperta dal conflitto ucraino-russo, si tratta di misure che penalizzano la produzione nazionale ed europea a favore delle importazioni da paesi extracomunitari e rischiano di porre una tassa indebita sui consumatori. Per di più la Direttiva inciderebbe sulla zootecnia biologica, proprio quel metodo produttivo che la Commissione indica come fondamentale nelle strategie europee per rafforzare la sostenibilità ambientale e per offrire un contributo determinante alla protezione del clima e dell’ambiente e alla fertilità del suolo. La revisione della direttiva, infatti, anche per il biologico, metterebbe dei limiti alle dimensioni complessive degli allevamenti, cosa che, fino ad oggi, non era mai stata considerata tra i requisiti della regolamentazione di settore.

La dimensione degli allevamenti per il biologico non è mai stato considerato un fattore che incide sulla sostenibilità della pratica agricola. Le limitazioni imposte dalle regole europee del «bio» hanno sempre considerato esclusivamente il rapporto tra capi allevati e terreni disponibili ed hanno posto correttamente dei paletti ben chiari per favorire un utile carico animale ad ettaro.

Il quadro

Tutto ciò senza dimenticare che il sistema europeo, anche grazie alla zootecnia biologica, è l’unico al mondo ad aver ridotto le emissioni di gas a effetto serra (del 20% dal 1990) e tale dato potrebbe diminuire ancora guardando all’esperienza italiana, in cui le emissioni costituiscono il 7,1% rispetto al totale. Le potenzialità di miglioramento sono alla portata della nostra zootecnia puntando fin d’ora sulla gestione dei residui e sulla produzione di energia rinnovabile attraverso il biogas e il biometano.

In questo senso c’è anche una buona notizia che arriva da Bruxelles. Stiamo parlando dell’aliquota Iva ridotta per le attività di allevamento equino, compresi i servizi legati al cavallo come, ad esempio, i centri di pensionamento e di addestramento. La veloce adozione nazionale della Direttiva Europea è un passo fondamentale per rilanciare e ridare ossigeno al settore. In Lombardia ci sono circa 70 mila cavalli, asini e muli e la nostra provincia ne conta oltre 30 mila. Questa direttiva Europea consente l’applicazione di un’aliquota Iva ridotta per l’allevamento e alle prestazioni di servizi connessi e consentirebbe un ulteriore sviluppo di una attività sicuramente già ecosostenibile.

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